Quando c'era Lui, Abdullah Senussi non era solo il capo dei suoi servizi segreti. Era il cognato fedele, l'esponente del cerchio magico a cui il Muammar Gheddafi anni Ottanta affidava l'eliminazione dei dissidenti rimasti in patria e di quelli fuggiti all'estero. Uno che a detta delle intelligence occidentali la sapeva lunga anche sulla strage di Lockerbie del 1988 e sull'abbattimento, l'anno successivo, di un aereo di linea francese costato la vita a 170 passeggeri. Abdullah Senussi era, insomma, il custode dei più inconfessabili segreti del quarantennale regime libico, l'anima nera di Gheddafi. Per questo fa specie, molta specie, che Londra, Parigi e Washington assistano senza muover mezzo dito alla sua estradizione dalla Mauritania a Tripoli avvenuta all'improvviso e in gran segreto mercoledì sera. L'ex capo dei servizi segreti libici era stato arrestato lo scorso marzo in Mauritania dov'era riuscito ad arrivare qualche tempo prima sfuggendo ai miliziani libici che gli davano la caccia. Fino ad oggi i mauritani non sembravano molto propensi a piegarsi alle richieste libiche. Anche perché dovevano far i conti con le pretese, assai più fondate dal punto di vista legale, avanzate dalla Corte Internazionale dell'Aja e con quelle di Parigi e Londra nell'ambito delle inchieste sulle due stragi aeree. Mercoledì, invece, i suoi custodi lo convincono a lasciare il rifugio in cui risiede da mesi per recarsi ad un incontro con un'esponente dell'intelligence mauritana. In quattro e quattro otto il recalcitrante fuggitivo si ritrova all'aeroporto caricato su un aereo che un paio d'ore dopo lo scarica sulla pista di Tripoli. «Il governo libico ha ricevuto in consegna il braccio destro di Gheddafi conferma, qualche ora dopo, il primo ministro libico Abdurrahim el-Keib -. Colgo l'occasione per confermare che garantiremo a Senussi un processo giusto e rispettoso degli standard internazionali».
Quell'estradizione, così inattesa e repentina suona, però, come uno schiaffo alla Corte Internazionale dell'Aja che da tempo aveva chiesto la sua consegna. Uno schiaffo che fa seguito alla mancata estradizione del figlio di Gheddafi Saif el Islam e all'arresto della delegazione di avvocati e giuristi mandati in Libia lo scorso giugno per discutere la spinosa questione. Ma quell'estradizione è anche la fine di tutte le speranze per quanti in Inghilterra e Francia speravano di poter far luce sulle stragi aeree del 1988 e del 1989. Dunque come mai Parigi e Londra hanno permesso alla Mauritania di consegnarlo a Tripoli? Una risposta, secondo qualcuno, c'è. Senussi è anche il custode di tanti accordi segreti siglati dalle intelligence di Londra, Parigi e Washington dopo il disgelo che, nel 2004, porta alla fine delle sanzioni contro Tripoli e al riavvicinamento tra Occidente e Libia. Non a caso, fanno notare le malelingue, la Mauritania concede l'estradizione nello stesso giorno in cui l'organizzazione umanitaria Human Rights Watch fa uscire un esplosivo rapporto sulle operazioni di rendition condotte dalla Cia e dagli altri 007 occidentali d'intesa con i servizi segreti libici. Il rapporto intitolato «Recapitati in mani nemiche, gli abusi condotti dagli Usa e la consegna degli oppositori alla Libia di Gheddafi» è stato realizzato proprio grazie ai fascicoli ritrovati nella sede dei servizi segreti di Tripoli dopo la caduta di Gheddafi e la fuga di Abdullah Senussi. Secondo i sostenitori di questa tesi, la svolta del governo mauritano sarebbe stata influenzata da qualcuno molto interessato ad evitare l'arrivo di Senussi nelle accoglienti aule dell'Aja. Aule roboanti e chiassose dove la sentenza è sempre preceduta da interminabili ed assai imbarazzanti allocuzioni degli imputati. Aule in cui Senussi avrebbe potuto confermare i pesanti sospetti formulati nel rapporto di Human Rights Watch.
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