Solo due anni fa il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, onorava il giovane presidente siriano, Bashar al Assad, della più alta onorificenza del nostro paese. L'uomo che oggi viene accusato di spargere il sangue del suo popolo in una terribile guerra civile è ancora «Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran cordone al merito della Repubblica italiana». Ventidue senatori se ne sono accorti e hanno presentato un'interpellanza al presidente del Consiglio, Mario Monti, per ritirare l'alta decorazione. Il Quirinale, purtroppo, non è nuovo a scelte imbarazzanti: in passato è stato concesso lo stesso onore al maresciallo Tito, boia di italiani, e ad altri personaggi discutibili. La decorazione al giovane Assad, pur concessa in tempi non sospetti, è così recente da diventare imbarazzante visto il bagno di sangue in Siria.
Il primo firmatario dell'interpellanza per ritirare l'onorificenza è Domenico Gramazio del Pdl. «La legge prevede che incorre nella perdita della onorificenza l'insignito che se ne renda indegno - spiega Gramazio -. Siamo convinti che il presidente siriano rientri nella categoria per la repressione violenta delle manifestazioni popolari di protesta e i massacri della popolazione civile». Non stiamo parlando di Hitler e anche i ribelli siriani sono spesso dei tagliagole, ma l'interpellanza sottolinea come «il presidente Assad non ha mai ammesso alcuna delle responsabilità imputategli dalla comunità internazionale relativa all'uso sproporzionato della forza ritenendo che si trattasse di operazioni volte a contrastare gruppi terroristici fomentati e finanziati dall'estero».
Non solo: la richiesta dei 22 senatori ricorda le condanne e le sanzioni dell'Onu nei confronti del regime di Damasco oltre al fatto che l'Italia ha espulso il 28 maggio l'ambasciatore siriano a Roma, come hanno fatto altre cancellerie europee. E richiamato quello italiano a Damasco. Se poi si legge che il Gran cordone viene concesso pure a chi si è distinto per «attività svolte a fini sociali, filantropici e umanitari» la faccenda diventa tragicomica. Ora la patata bollente passa nelle mani del capo del governo, che dovrebbe proporre al Quirinale la revoca motivata dell'onorificenza. Nessuno lo poteva immaginare due anni fa, ma le parole di Napolitano pronunciate a Damasco nel marzo 2010 suonano oggi tristemente fuori luogo. Dopo aver concesso il Gran cordone al giovane Assad il presidente compiva, accompagnato dall'allora ministro degli Esteri Franco Frattini, la prima visita di un capo di Stato italiano in Siria. Le foto ufficiali lo ritraggono al banchetto del 18 marzo al tavolo con Bashar, l'elegantissima moglie Asma, che oggi sembra non rendersi conto della realtà e la signora Clio, consorte di Napolitano.
Un video su You Tube riprende le parole del capo dello stato italiano che oggi suonano non proprio lungimiranti: «Esprimo il mio apprezzamento per l'esempio di laicità e apertura che la Siria offre in Medio Oriente». Tutto sembrava perfetto, compreso Napolitano che esprimeva a Bashar «i sentiti voti per il benessere personale suo e della signora Asma».
Solo un anno dopo sono iniziate le proteste e la situazione è ben presto degenerata. Adesso 22 senatori, quasi tutti del Pdl, chiedono che l'Italia revochi la sua massima onorificenza. Ancor prima Marco Perduca, senatore di centro sinistra, aveva ribadito in aula: «È stata riproposta la necessità che il Presidente Napolitano ritiri l'onorificenza concessa ad Assad. (...) Ne andrebbe della reputazione dell'Italia se tale passo non dovesse essere compiuto immediatamente».
Il Quirinale ha una lunga tradizione nell'omaggiare personaggi con le mani sporche di sangue. Josep Broz Tito è stato decorato nel 1969, dall'allora presidente Giuseppe Saragat, con la stessa onorificenza di Assad. E nessuno ha mai pensato di levargliela.
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