Di questo passo, di risata in risata, finiremo per rimpiangere davvero gli anni della Guerra Fredda; quella vera, quando sugli spalti del Cremlino, catafratti nei loro cappotti siberiani, così rigidi sull'attenti da rasentare il rigor mortis, c'erano i Breznev, i Cernenko, gli Andropov: mummie di un Potere il cui indiscusso machismo (quantomeno pubblico) era subliminalmente incarnato da quei missili che sfilavano sotto di loro, sulla Piazza Rossa. Affari lunghi da qui a lì, esibiti apposta per testimoniare che Mosca era pronta in qualsiasi momento a fare un coso così agli americani.
Da allora, in un Cremlino tutto al maschile, non è cambiato granché, sotto questo profilo. A differenza dell'America, dove le nozze gay, a testimonianza della formidabile capacità di pressione della lobby omosessuale, sono da qualche settimana legge dello Stato. Ma che questo - ovvero il quantum di libertà e di diritti cui hanno diritto i gay - potesse diventare terreno di scontro fra Putin e Obama, accentuando la reciproca antipatia, era difficile da vaticinare, fino all'altro ieri.
Al centro dei timori, e delle crescenti polemiche, c'è la norma promulgata a giugno da Vladimir Putin, che punisce con multe e perfino la detenzione fino a 15 giorni la «propaganda» omosessuale in presenza di minori. Vuol dire questo: che qualsiasi atteggiamento considerato espressione di una minoranza sessuale, se espresso sfacciatamente in pubblico, può essere sanzionato. La legge è considerata discriminatoria dalle organizzazioni per i diritti civili, ma Putin sa bene che la maggioranza dei russi la pensa come lui. Dall'estero, però, le critiche continuano ad arrivare sempre più forti, soprattutto nell'ottica degli eventi sportivi internazionali che la Russia si appresta ad ospitare: i campionati di atletica, che cominciano oggi a Mosca, e in febbraio le Olimpiadi invernali di Sochi.
È per questo che il ministro russo dello Sport, Vitaly Mutko, ha lanciato un appello «alla calma», cercando di rassicurare quanti sono preoccupati dalle potenziali conseguenze della legge russa contro «la propaganda» omosex. Salvo poi sparare a zero contro la «propaganda» dell'Occidente, che secondo Mutko alza i toni sui diritti gay per fare pressione sulla Russia, perché la Russia è forte e fa paura. A rinfocolare le polemiche, ecco una lettera dell'attore britannico dichiaratamente omosessuale Stephen Fry con cui l'attore - che accusa Putin di aver trasformato «gli omosessuali in capri espiatori come Hitler fece con gli ebrei», chiede che alla Russia siano sottratti i giochi del 2014. Ma che dietro le polemiche ci sia uno scontro diretto, e neppure troppo mascherato, fra Obama e Putin è sicuro. «Non ho tolleranza alcuna - dice Obama sul punto - per i Paesi che tentano di trattare le persone gay o lesbiche o transgender in modo intimidatorio o che li danneggi. Comunque non boicotteremo i giochi del 2014». Sulla vicenda è intervenuto anche il capo del Comitato Olimpico internazionale Jacques Rogge. La Russia, ha detto Rogge, ha inviato al Cio una «conferma scritta» del fatto che la norma non verrà applicata agli sportivi e al pubblico che assisterà alle Olimpiadi invernali.
A palle incatenate spara contro Putin anche il Washington Post. «Se Putin crede che questo resti un problema nazionale, di poco interesse per il mondo, ha fatto male i suoi calcoli» scrive il quotidiano. I gay russi si tranquillizzino, comunque, poiché non sono soli. Lo garantisce Lady Gaga.
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