Mondo

Ma così chiuderebbero il Louvre e Brera

Gran parte dei grandi musei vive alle spalle delle "rapine" della Storia

Ma così chiuderebbero il Louvre e Brera

Ha ragione George Clooney. Una ragione astratta. Se il mondo fosse il migliore dei mondi possibili e la storia fosse un continuum non attraversato da conquiste, occupazioni, guerre, avvicendamenti di domini che si manifestano anche con lo spostamento di «cose» (incluse le opere d'arte). L'esempio più evidente è il Louvre, dove c'è tutto e tutto è frutto di legittima rapina. Per questo, come ha ragione, Clooney ha torto nel chiedere che i marmi del Partenone tornino alla Grecia. Si potrebbe immaginare Parigi senza il Louvre? E, d'altra parte, il punto più alto della civiltà francese è tra '800 e '900. Ogni civiltà ha il proprio tempo. I Romani sono lontani, più ancora i Greci. Ne restano ombre, reliquie, memorie di pensieri, e pensieri attivi. Pensieri, non cose. E ciò che resta in Grecia della Grecia antica è sorprendente.
Meglio di Clooney aveva capito la questione Hegel, che parlava dello «spirito del tempo», che non è in ogni luogo, ma in alcuni che emergono in momenti e luoghi diversi. Ciò che fu Atene nel V secolo a.C., con il suo spirito che si manifesta in Fidia, nei bronzi di Riace, è Roma nel II e I secolo a.C., ed è Costantinopoli nel lV sec. d.C., fino a Firenze nel XV secolo, e ancora Roma nel XVII secolo. Con l'Illuminismo comincia il tempo di Parigi, ma quello che fu Firenze nel '400 e nel '500 è Parigi dalla metà del XIX all'inizio del XX secolo. Settecento, Ottocento, Novecento, sono i momenti in cui la Francia è più grande. Ma nei primi trent'anni del '900 tutti i grandi artisti da ogni parte del mondo sono a Parigi. Dunque dove ci sono le civiltà dominanti c'è l'arte che le illustra, inclusa quella importata, deportata, derubata.
Frutto di rapina è il Louvre e, sempre grazie a Napoleone, anche la Pinacoteca di Brera a Milano. Poco dopo le spedizioni e le razzie napoleoniche tocca agli inglesi portare i marmi del Partenone a Londra; la Francia aveva coronato il sogno illuministico con l'idea di un museo universale in cui tutte le civiltà fossero rappresentate. Brera rappresenta il segmento della grande pittura italiana. Sarebbe giusto restituire a Urbino, nel Mausoleo dei Duchi, la meravigliosa pala di Piero della Francesca? Certamente sì per Clooney. No per la storia dell'Italia anche post napoleonica, risorgimentale. Restituire a Camerino la Madonna della candeletta di Crivelli? Restituire a Ravenna la Pala Portuense di Ercole de Roberti? E che ne sarebbe di Brera? Diversamente dai musei americani, costituiti con oggetti di collezioni private di diversa provenienza, gran parte delle opere espropriate da Napoleone hanno ancora le loro sedi originarie conservate e funzionanti, e appartengono a una nuova storia che contempla anche i loro trasferimenti. Una storia che ha le proprie ragioni, anche apparentemente inique.
Oggi i punti di vista sono cambiati e si mette in discussione anche il principio per cui le opere d'arte ritrovate devono essere custodite nel Museo nazionale del capoluogo di regione. Così come è avvenuto per i Bronzi di Riace; mentre la più clamorosa eccezione è la permanenza a Pergola dei Bronzi di Cartoceto, coerentemente da destinare al museo archeologico di Ancona. Eravamo nel 2001, io sottosegretario e lo scrittore Paolo Volponi senatore del Partito comunista; e insieme per ragioni convergenti stabilimmo un'eccezione che legittima, a 200 anni della caduta di Napoleone, la posizione di Clooney. Quelle meravigliose sculture non potevano essere sottratte ai luoghi dove erano state trovate come denunciavano la ribellione e la determinata volontà degli abitanti di Pergola. La città capoluogo con il suo bel museo reagì debolmente. Qualcuno propose un ridicolo pendolarismo: 6 mesi ad Ancona e 6 mesi a Pergola. Ma alla fine prevalse la nostra prepotenza alla norma che accolse l'istanza nobile e volitiva della popolazione di Pergola. Cominciò così a trovare embrionale conferma legislativa la tutela dei diritti delle sedi originali per le opere d'arte. È in assoluto la posizione più giusta, al di là di questioni generali di sicurezza, rispetto al rischio di furti e di utilità della documentazione in un grande museo.
Sbagliando per il passato e per la storia della collezioni in ogni parte del mondo, Clooney ha indicato un'istanza profonda del nostro tempo. Non è possibile rovesciare ciò che si è stratificato, anche in modo arbitrario. Ma già l'Italia in nome di un pretestuoso antifascismo ha restituito la Stele di Axum al sito etiope dove vanno infinitamente meno persone che a Roma. In questo caso ha prevalso una logica politica. Dobbiamo tener conto che opere come i polittici degli artisti italiani fra '300 e '500 sono divise in località distanti migliaia di chilometri. Cito l'ultimo caso. Il Trittico di Antonello scoperto dagli studiosi Volpe e Zeri nei primi anni '80 fu smembrato per venderlo in due tempi: uno scomparto è finito a Milano, gli altri due agli Uffizi. Le vendite risalgono agli anni '90. Sarebbe cosa buona che i musei di Milano chiedessero la loro parte agli Uffizi in cambio di un dipinto di scuola lombarda del grande museo fiorentino. Ciò che non avrebbe senso per gli smembramenti del secolo scorso, oggi si può correggere con buon senso e logica. Per questo, pur avendo torto Clooney ha ragione.

Fosse stato un generale Napoleonico avrebbe contribuito al Louvre e a Brera.

Commenti