Casa Bianca, che imbarazzo per il soldato Bergdahl

Critiche all'Italia per le trattative con i terroristi, adesso Obama fa lo stesso

La storia del sergente Bergdahl scambiato con cinque talebani prigionieri a Guantanamo, dopo essere stato catturato dai seguaci di mullah Omar nel 2009, sta diventando un boomerang per la Casa Bianca. Nel momento più delicato, che registra un appannamento della politica estera americana.

Bowe Robert Bergdahl non è un eroe, ma probabilmente un disertore finito nelle mani dei talebani e gli Stati Uniti hanno abdicato al ferreo principio «non si tratta con i terroristi». Il sergente Bergdahl, 28 anni, promosso durante la prigionia, si arruola in fanteria nel 2008. Un anno dopo lo spediscono in Afghanistan nello sperduto avamposto di Mest-Malak. Ben presto si distacca dai compagni passando più tempo con i soldati afghani a sorseggiare chai, il tè locale, ed imparare il pasthun, la lingua del posto. Il padre ha poi ammesso che era «psicologicamente isolato».

La notte del 30 giugno 2009 il militare sparisce nel nulla. I talebani annunciano la cattura del soldato americano e lo portano nell'impenetrabile area tribale del vicino Pakistan. Lo scorso 31 maggio il sergente Bergdahl viene liberato in cambio di cinque pericolosi detenuti a Guantanamo. Un video girato dai seguaci di mullah Omar mostra la scena del rilascio con l'ostaggio, confuso, che indossa una tunica bianca. Atterra un elicottero Usa e gli uomini dei corpi speciali venuti a prenderlo sembrano quasi cordiali con i carcerieri salutandoli più volte. Il video non fa altro che alimentare le polemiche esplose in patria. I commilitoni di Bergdahl lo accusano a chiare lettere di aver disertato. I militari della sua unità ricordano pure che almeno 6 uomini sono morti mentre lo cercavano.

Il New York Times pubblica un rapporto riservato del Pentagono di 35 pagine che ammette: Bergdahl ha abbandonato la postazione e aggirato il reticolato di sua volontà. Non solo: in altre due occasioni, nella caserma dell'addestramento in patria e in Afghanistan, se ne era andato per poi tornare. Se non si tratta di un disertore è come minimo un cretino finito in bocca al lupo talebano.

Dopo le ultime rivelazioni i festeggiamenti per il rientro nella sua città natale sono stati cancellati. Non solo: il sergente è stato usato dai suoi carcerieri come arma di propaganda. E i talebani sono andati in visibilio per un altro momento imbarazzante nel giardino delle Rose della Casa Bianca. Bob, il padre del giovane militare, che si è lasciato crescere un barbone da santone islamico, ad un certo punto pronuncia il verso del Corano «Bismillah al-Rahman al-Rahim» in occasione del ritorno del figlio. La frase significa «in nome di Allah clemente e misericordioso» ed i conservatori l'hanno interpretata quasi come un ringraziamento ai carcerieri islamici. Il parallelo è corso subito alla fiction di grande successo, «Patria», che racconta il rientro a casa del sergente Nicholas Brody catturato dagli insorti in Iraq. Al militare è stato fatto il lavaggio del cervello convincendolo a compiere un attentato devastante negli Usa.

Obama è nei guai con i democratici per aver informato il Congresso all'ultimo momento dello scambio e non 30 giorni prima come prevede la legge. E a maggior ragione i repubblicani, primo fra tutti l'ex vicepresidente Dick Cheney che nei giorni scorsi ha usato parole di fuoco, sparano a zero. Nel 2007 l'amministrazione Bush si scagliò contro il governo Prodi per aver fatto liberare l'inviato di Repubblica, Daniele Mastrogiacomo, ostaggio dei talebani, in cambio di cinque comandanti degli insorti catturati. L'ambasciatrice di allora, Victoria Nuland, fece fuoco e fiamme contro l'Italia ad una riunione della Nato. Un cablogramma del 22 marzo 2007, rivelato da Wikileaks, critica con gli inglesi «lo scambio fra talebani e ostaggio, che ha portato al rilascio del giornalista italiano Mastrogiacomo».

La rappresentante Usa «fa duramente notare l'intrinseco pericolo di trattare con i terroristi (…) I talebani possono pensare, che attraverso gli ostaggi otterranno futuri scambi di prigionieri». Come è puntualmente avvenuto con il discusso sergente Bergdahl. E Nuland non è andata in pensione, ma ha fatto strada diventando uno dei vice del Dipartimento di Stato con l'attuale amministrazione.

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