Dietrofront degli speculatori sulla Grecia: si salva

Sarà un voto anti casta: la gente se la prende pure con i sondaggisti

Dietrofront degli speculatori sulla Grecia: si salva

Il clima di tensione in cui oggi i greci sono chiamati alle urne è ben evidenziato dal trattamento che viene riservato ai sondaggisti. Mandati in giro dai partiti a tastare il polso agli elettori, hanno vita assai grama. Le statistiche che riescono a compilare, infatti, non sono tanto quelle del gradimento (per così dire: è in generale bassissimo) dei loro datori di lavoro, quanto quelle relative alla disponibilità del cosiddetto campione statistico a collaborare. E non si tratta di numeri esaltanti, tutt’altro. Sette persone su dieci si rifiutano di rispondere ai quesiti dei sondaggisti, che spesso anzi vengono mandati all’inferno. Ovvio che le previsioni sui risultati del voto di oggi risultino poco attendibili. A prestar loro fede, i due partiti tradizionalmente dominanti in Grecia - i conservatori di Nuova Democrazia e i socialisti del Pasok - sarebbero in lieve ripresa rispetto all’annunciata catastrofe: i primi un po’ sopra e i secondi un po’ sotto la soglia psicologica del 20 per cento. Ma se si ricorda che solo tre anni fa avevano raccolto insieme l’80 per cento dei voti, ben si comprendono le dimensioni del terremoto in arrivo. Bruxelles attende però di sapere se il Parlamento di Atene sarà messo in condizione di formare un governo stabile che approvi le riforme indispensabili per rimanere nell’euro. Gli unici partiti intenzionati a fare questo sono proprio i due ex grandi rivali conservatori e socialisti. E infatti i loro leader Samaras e Venizelos di cono nei comizi cose molto simili: resistere alla tentazione del voto di protesta e ricordare che nonostante tutto l’Europa è l’unico scudo che resta alla Grecia per evitare il fallimento.

Rischio al quale - ed è una notizia - banche e hedge funds sembrano non credere: secondo il New York Times diversi di loro scommettono sulla sopravvivenza della Grecia. Troppa parte del debito di Atene è infatti in mano ai governi europei e si ritiene che questi non vorranno far pagare ai loro elettori il costo di una nuova ristrutturazione.

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