Lo chiamano Eurobarometro, ma ha smesso di funzionare da tempo. Da cinque anni muove solo verso il basso. E adesso le sue lancette si son bloccate su «tempesta». L'amara constatazione emerge dagli indicatori utilizzati dagli euroburocrati per monitorare il gradimento espresso dai cittadini dei paesi membri nei confronti delle politiche di Bruxelles. A dar retta all'Eurobarometro la parola gradimento è stata letteralmente cancellata. Da cinque anni a questa parte gli abitanti d'Italia, Francia, Inghilterra, Germania, Spagna e Polonia - ovvero dei sei paesi in cui vivono 350 dei 500 milioni di europei - hanno smesso di credere a Bruxelles. Per capirlo non serviva una statistica. Bastava leggere i giornali o semplicemente chiacchierare con i sudditi di Roma, Londra o Madrid. L'emergere del dato, santificato da un organizzazione pagata con i soldi dell'Unione, è però salutare. La drammatica caduta di fiducia nei confronti dell'Europa è lo specchio del disastro generato da un'elite di euroburocrati estranei al comune sentire, incapaci di percepire il malumore delle piazze e sordi ai lamenti di un'Europa prigioniera delle loro politiche. «Il danno è talmente grave che oramai non conta più se uno venga da un paese creditore, debitore o sul punto di entrare nell'Unione, ormai pensano tutti di star peggio... I cittadini - ammette Josè Ignacio Torreblanca responsabile degli uffici di Eurobarometro a Madrid, ritengono che la maniera in cui è stata affrontata la crisi dell'euro abbia sovvertito la democrazia nazionale».
Il problema più serio resta però l'inefficacia o - meglio - la perniciosità delle ricette imposte ai paesi membri dopo averli convinti a rinunciare alla loro sovranità nazionale. Ricette incapaci di rilanciare investimenti e produttività e bocciate non solo dal Fondo Monetario Internazionale, ma anche dai più illustri economisti internazionali. «I membri della Commissione sono gli unici colpevoli perché hanno costretto tutti i paesi a sottoporsi ad una cura di austerità. Siamo di fronte ad una recessione auto-imposta. Non avrebbero potuto essere più stupidi». - scriveva il luminare della London School of Economics Paul de Grauwe. Accuse appaiono pienamente confermate dai rilevamenti dell'Eurobarometro. Secondo quei dati la più rovinosa perdita di credibilità nell'Europa si registra in Spagna. Nel 2007 il 65 per cento degli spagnoli sosteneva di credere in Bruxelles. Oggi quelli ancora inclini a concedere credito all'euroburocrazia sono solo il 20 per cento mentre un 72 per cento si dichiara ampiamente sfiduciato. Ma le cose non vanno bene neppure in Germania ovvero nella nazione che più ha abusato del propria egemonia per imporre ricette e programmi. Se cinque anni fa il 56 per cento dei tedeschi tendeva a fidarsi della Ue oggi il 59 per cento tende invece diffidarne. Stessa attitudine in Francia dove la sfiducia è condivisa dal 56 per cento della popolazione. La cartina di tornasole dei fallimenti dell'euroburocrazia è però il nostro paese. L'opinione pubblica italiana, tradizionalmente poco incline a riconoscere credibilità alla propria classe politica, aveva in passato guardato con un certo ottimismo all'emergere di governi europei capaci di sanare le debolezze e le inefficienze nazionali. Le cure europee somministrate con la complicità del governo Monti hanno però fatto capire anche agli italiani quanto mal riposta fosse questa fiducia. In cinque anni la percentuale di italiani non più disposti a credere a Bruxelles è quasi raddoppiata passando dal 28 al 53 per cento. Ma neppure l'emergere di questi dati sembra far capire agli euroburocrati la gravità dei loro errori.
Il presidente della Commissione Jose Manuel Barroso dopo averli esaminati è riuscito ad attribuire la mancanza di credibilità della Commissione al risorgere di populismo e nazionalismo. Il tipico strabismo di chi - rinchiuso in una torre d'avorio - confonde cause ed effetti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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