La cosa più importante detta da un leader occidentale sulla crisi degli ostaggi in Algeria è uscita dalla bocca di David Cameron: «I britannici devono prepararsi ad altre brutte notizie in una situazione ancora in divenire». Voleva dire, tra le altre cose, che c'erano ancora informazioni tenute segrete. Non è un caso se solo ieri, più di 24 ore dopo l'inizio dell'attacco a In Amenas, è emerso che gli ostaggi stranieri erano 132 e non 41: un dettaglio non da poco.
Così come non era per caso che a Washington si rifiutassero di confermare che i prigionieri americani fossero effettivamente due: nel caos generale provocato dall'attacco scatenato dal capo dell'intelligence militare algerina (il famigerato generale Bashir Tartag, detto «il bombardiere») era impossibile conoscere la sorte personale di così tante persone. Cameron però sapeva che le probabilità di un bilancio drammatico, a vicenda conclusa, erano alte. E ieri ha ottenuto di inviare in Algeria un aereo con personale del Foreign Office per seguire da vicino la situazione.
La vicenda, peraltro, è tutt'altro che conclusa nonostante i ripetuti proclami in tal senso delle autorità di Algeri. Ancora nel pomeriggio di ieri i superstiti del commando jihadista erano asserragliati in un settore del vasto complesso per l'estrazione del gas naturale a In Amenas. Secondo uno dei terroristi catturati, gli aggressori sarebbero stati 32 e circa la metà resisterebbero ancora all'assedio delle forze algerine.
Nonostante la politica di Algeri, segnata dalle terribili stragi perpetrate vent'anni fa nel Paese dagli integralisti islamici, escluda qualsiasi compromesso coi terroristi, il gruppo dei «Firmatari col sangue» guidato a distanza dal «guercio» Mukhtar Belmukhtar avrebbe tentato di ricattare la Francia e l'Algeria, «offrendo di negoziare la fine dell'intervento francese nell'Azawad (il Mali settentrionale di cui gli integralisti islamici hanno proclamato l'indipendenza)». Belmukhtar - che in Algeria è una specie di imprendibile, già condannato tre volte a morte in contumacia - tenterebbe inoltre di «scambiare gli ostaggi statunitensi in mano al suo gruppo a In Amenas con un egiziano e un pachistano» detenuti negli Stati Uniti per reati di terrorismo. Pretesa subito respinta dal segretario alla Difesa statunitense: i terroristi «non troveranno alcun rifugio sicuro, né in Algeria, né in Africa settentrionale, né da nessun'altra parte», ha detto Leon Panetta.
Nel Mali intanto si continua a combattere e le forze francesi e maliane hanno riconquistato Diabali, caduta quattro giorni prima in mano ai jihadisti.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.