«Il provvedimento europeo più assurdo da quando l'imperatore Diocleziano decise di stabilire per legge i prezzi dei beni alimentari». Come al solito il commento più sarcastico è stato del sindaco di Londra Boris Johnson. Ma al prossimo vertice dei ministri delle Finanze, il 5 marzo, i superbonus dei manager rischiano di allargare il già profondo fossato tra Gran Bretagna e resto del continente.
Nei giorni scorsi la commissione di Bruxelles ha negoziato con il Parlamento europeo un giro di vite sugli stipendi dei boss degli istituti finanziari. In base all'accordo il rapporto tra quota variabile e quota fissa potrà essere al massimo di uno a uno (due a uno se gli azionisti voteranno una specifica autorizzazione). Per Barroso e i suoi l'intesa è stato un modo di assicurarsi il via libera del Parlamento agli altri provvedimenti sul tappeto (per esempio i nuovi requisiti di capitale richiesti alle banche). Per la City londinese, capitale finanziaria del Vecchio Continente, il tetto potrebbe essere, però, una mezza tragedia. E le voci di chi parla di una perdita di competitività europea nel settore dei servizi finanziari si fanno sempre più forti. È prassi infatti che i migliori trader e merchant banker vengano premiati con bonus anche 10 volte pari all'ammontare dello stipendio. Da domani, o per precisione dal primo gennaio 2014, prevista data di entrata in vigore delle norme, tutto ciò non sarà più possibile. Sia per le banche europee, sia per le banche extra europee, relativamente ai manager che operano nel territorio comunitario.
Il premier David Cameron e tutto il partito conservatore inglese si sono subito detti contrarissimi a una misura che rischia di indebolire Londra a favore di piazze finanziarie come Hong Kong o Singapore. Gli stessi conservatori si rendono conto però dei possibili contraccolpi in termine di immagine di un «no» di principio.
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