Eliminò l'Italia agli Europei, ora sta coi ribelli

Gennadi Litovchenko, campione europeista, perseguitata da Yanukovich per motivi politici

Eliminò l'Italia agli Europei, ora sta coi ribelli

La rivolta ucraina avanza, travolgendo, senza troppi complimenti, anche coloro che hanno perpetrato l'attesa laica (e sportiva) di una nazione oggi ad un passo dal baratro. Dopo l'ex campione del mondo dei pesi massimi Vitali Klitschko, la speranza bianca diventata sostanza e mito sul ring, ecco un altro ex atleta, il calciatore Gennadi Litovchenko, oggi cinquantenne, costretto a raccogliere armi e bagagli e trasferirsi come un esule in Russia per aver manifestato troppo apertamente la sua fede politica europeista. Chiamiamoli casi della vita: poco più di un quarto di secolo fa mandò in frantumi le ambizioni dell'Italia del pallone di Baresi, Maldini e Vialli agli Europei di Germania. Oggi sono i suoi di sogni ad essersi sbriciolati come biscotti, trasformati nell'incubo di un esilio imposto dal diktat di Kiev. Litovchenko è stato uno dei calciatori di maggior talento dell'ex orso sovietico negli anni Ottanta. Era uno dei ragazzi della Dinamo Kiev prestati alla causa di una nazione che attraverso il pallone cercava di rafforzare il cambiamento attuato da Gorbaciov. «Quelli erano bei tempi - racconta -. All'epoca si festeggiava nelle piazze per la caduta del muro di Berlino. Oggi sta crollando il mio Paese».
Litovchenko si è ritirato nel 1996 per iniziare la carriera da allenatore. Non ha faticato a farsi largo, fino a sfiorare la panchina della Dinamo Kiev. «Quando al mio posto ingaggiarono un russo capii che qualcosa era andato storto». Il repentino cambio di rotta era di natura politica. In quell'estate del 2011 il presidente Igor Surkis, magnate del gas e del pallone, aveva rivoluzionato i suoi piani su consiglio di un amico «speciale», il capo di stato Viktor Yanukovich, talmente tifoso della Dinamo da non tollerare l'idea che a guidarla potesse essere un allenatore di fede politica avversa. Litovchenko era entrato suo malgrado in un meccanismo molto più grande di lui per esserne poi triturato. Aveva preso la tessera del partito europeista Udar e si era candidato per un posto nel consiglio comunale della città natale di Dnipropetrovsk. L'ex killer degli azzurri non immaginava che da lì a poco sarebbe stato travolto da un uragano. «Sconfitto alle elezioni e senza lavoro. Poi sono arrivate le minacce e le intimidazioni, talmente pesanti da costringermi ad espatriare». Ironia della sorte l'europeista convinto ha trovato rifugio in Russia, la nazione che attraverso Putin mantiene una solida alleanza con Yanukovich dissuadendolo da qualsiasi matrimonio con l'occidente. A Novgorod vive un suo ex compagno di squadra che gli ha trovato un impiego da istruttore in una scuola calcio. La star senza più luce (e senza scelta) si è adattato al ridimensionamento. Guadagna 50mila rubli al mese, l'equivalente di mille euro, ma va bene così.

«Sono la vittima di un vergognoso ostracismo, ma mi sento in parte fortunato ogni volta che accendo il televisore e osservo quello che sta accadendo a Kiev in questi giorni mi vengono i brividi. Potevo esserci io tra quei morti».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica