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Dopo la finta primavera Tunisi e il Cairo temono l'autunno del terrorismo

Le rivoluzioni fallite rischiano di far sprofondare i due Paesi nella guerra civile. E il Sinai diventa la trincea degli estremisti

Dopo la finta primavera Tunisi e il Cairo temono l'autunno del terrorismo

Hanno vissuto assieme la primavera delle illusioni. Assieme rischiano ora di sprofondare nell'autunno della guerra civile e del terrorismo. I venerdì neri della Tunisia e dell'Egitto segnati dall'omicidio dell'oppositore laico Mohamed Brahmi e dalle manifestazioni di piazza sollecitate dal capo delle forze armate egiziane Abdel Fattah al-Sisi, sono i due volti di uno scontro sempre più radicalizzato che rischia di riprodurre gli scenari della guerra civile algerina degli anni 90.

Al Cairo i generali non paghi di aver levato di mezzo il presidente Mohammed Morsi vogliono l'arresto di tutta la dirigenza dei Fratelli Musulmani e sembrano pronti, a ripetere le pesanti repressioni anti-islamiche ordinate in passato da Nasser e da Hosni Moubarak. A differenza dei predecessori Sisi e i suoi corrono però sul filo del rasoio. Nonostante le perdite di consensi la Fratellanza Musulmana rappresenta ancora un terzo dell'elettorato. Metterla all'angolo significa spingere i suoi militanti alla clandestinità. Oggi però, a differenza del passato, le fazioni integraliste possono contare su una zona franca dove rifugiarsi, organizzarsi e armarsi. Nel Sinai, l'impenetrabile scatolone di sabbia esteso da Gaza a Sharm El Sheik, le fazioni jihadiste hanno stretto da anni una solida alleanza con le tribù beduine in rotta con il governo. Dopo la caduta di Mubarak la penisola è diventata il covo di almeno un migliaio di jihadisti responsabili degli attacchi costati la vita, dopo il luglio 2011, ad una quarantina di militari e ad un'ottantina di militanti armati. Più inquietanti ancora sono però gli attentati susseguitesi dopo il colpo di stato del 3 luglio e culminati mercoledì con un attentato suicida riuscito e uno fallito. L'arrivo del terrorismo kamikaze sembra il segnale della definitiva involuzione. Fare i conti con un Sinai trasformato nell'ultima trincea degli islamisti significa rischiare la dissoluzione dello stato egiziano. Uno scontro prolungato capace di portare alla chiusura di Suez e delle spiagge di Sharm El Sheik priverebbe il paese delle sue ultime risorse determinando la bancarotta economica, il caos sociale e il moltiplicarsi delle violenze.

Se in Egitto fa paura l'intransigenza dei militari a Tunisi preoccupa la rabbia delle piazze laiche. Nida Touns (chiamata per la Tunisia), un movimento laico, giovanile e modernista che riscuote sempre maggior consenso aveva già convocato per ieri, anniversario della fondazione della Repubblica, una manifestazione di piazza auspicando una sollevazione in stile egiziano e la formazione di un «governo di salvezza nazionale». L'uccisione di Brahmi potrebbe trasformare in realtà gli slogan di Nida Touns. Il rischio, in una Tunisia dove l'esercito non sembra voler prendere posizione, è quello di una guerra civile tra fazione laiche ed islamiste. Ennahdi, il partito di governo legato ai Fratelli Musulmani è ridotto secondo i sondaggi a meno del 12 per cento, ma può contare sulla determinazione della Lega per la Protezione della Rivoluzione, una milizia formata dagli islamisti più intransigenti decisi ad impedire qualsiasi sollevazione laica. Un pericolo ancor più serio arriva da Ansar Sharia la formazione d'ispirazione al qaidista che riunisce gli elementi jihadisti fatti liberare dopo la caduta di Ben Ali.

Grazie all'attivismo e ai contatti del suo capo Abu Ayad, oggi latitante, Ansar Sharia si è di fatto saldata con le cellule di Al Qaida Maghreb ed è pronta a trasferite la minaccia terroristica dalle sabbie del Sahara al cuore di Tunisi.

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