Il fronte del "no" perde punti: indipendentisti scozzesi al 40%

Già si apre il braccio di ferro sul mantenimento della sterlina in una Scozia indipendente. E Cameron rischia una clamorosa débâcle

Il fronte del "no" perde punti: indipendentisti scozzesi al 40%

Adesso Londra trema. Il fronte del "no" all’indipendenza della Scozia continua a perdere punti. Mentre un sondaggio di Panelbase vede per la prima volta la spinta a favore della secessione oltre il 40%, contro gli "unionisti" al 45% e gli indecisi al 15%, il ministro per la Scozia Alistair Carmichael ha ammesso che di questo passo il Regno Unito potrebbe andare verso la spaccatura e la creazione di un nuovo Stato.

"I nazionalisti (scozzesi, ndr) hanno un maggiore desiderio di vittoria". In una intervista all’Observer Carmichael ha sottolineato che da qui al 18 settembre, giorno in cui si terrà il referendum per decidere del futuro della Scozia, potrebbe essere troppo tardi per impedire la secessione. "Tutti devono sapere che questa è una competizione seria - ha aggiunto il ministro - non è impossibile che i nazionalisti vincano". Il fatto che a pronunciare queste parole sia un rappresentate della campagna del "sì" aumenta ancora di più i rischi di una débâcle per il premier David Cameron.

Un altro segno di debolezza per Londra è rappresentato dalla polemica sul mantenimento della sterlina in una Scozia indipendente dopo che ha aperto a questa possibilità un non identificato ministro parlando in privato.

Ebbene, sono dovuti intervenire ufficialmente il ministro del Tesoro George Osborne e il suo vice Danny Alexander per ribadire in un comunicato congiunto che la posizione del governo di Londra non cambia: se la Scozia esce dal Regno rinuncia anche al pound. Intanto, il governo di Edimburgo non può che cogliere questo momento favorevole. Il vice primo ministro, Nicola Sturgeon, ha affermato che "un senso di crisi" ha colpito la campagna del "no".

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