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La furia integralista minaccia l'Occidente

Proteste anche in Australia. L'intelligence Usa teme che il contagio possa arrivare negli Usa. E l'Fbi: "Le proteste potrebbero estendersi tramite gruppi di estremisti"

Infiamma il Medioriente. Infiammano i Paesi islamici. Infiamma l'odio contro l'Occidente. E, proprio mentre il Consiglio di Sicurezza dell’Onu condanna con la "massima fermezza" gli attacchi contro le sedi consolari e il personale diplomatico degli stati membri, oltre 500 persone sono scese in piazza a Sidney, in Australia, per protestare contro il film anti-islam prodotto negli Stati Uniti che da due giorni sta scatenando manifestazioni in tutto il mondo. "Decapitazione per tutti quelli che insultano il profeta", hanno gridato i manifestanti.

All'indomani del sangue versato nel giorno della preghiera islamica, l’Fbi lancia l’allerta: "Le proteste potrebbero estendersi anche negli Stati Uniti tramite gruppi di estremisti". E in America scatta l’allarme rosso che fa subito alzare la guardia: nel giro di poche ore due università statunitensi, quella del Texas e quella del Nord Dakota, vengono evacuate per una minaccia-bomba, dopo la telefonata ad entrambi gli atenei di un uomo, con accento medio orientale che ha rivendicato legami con al Qaeda. Nelle ultime ore, infatti, il ramo yemenita di al Qaeda ha esortato i musulmani che vivono in Occidente a colpire obiettivi chiave: "Sono maggiormente in grado di fare del male e colpire il nemico più agevolmente di noi". La preoccupazione è che le proteste e gli attacchi dilaghino a macchia d'olio anche nei Paesi occidentali. "Faremo giustizia", ha promesso ieri il presidente Barack Obama, al fianco del segretario di Stato Hillary Clinton, di fronte alle salme dei quattro americani morti in Libia, nella cerimonia per il rimpatrio delle salme. "Il loro sacrificio non sarà mai dimenticato", ha quindi aggiunto il presidente sottolineando che "gli Stati Uniti non si ritireranno" di fronte alla violenza. E rivolgendosi alle famiglie delle vittime ha detto: "Sapevano di essere in pericolo e lo hanno accettato. Non solo hanno aderito ai principi americani, hanno dato la loro vita per questi". "I leader dei Paesi dove si stanno verificando le proteste devono garantire la sicurezza", ha indffine incalzato Obama invitandoli a "parlare contro le violenze".

Per assicurare il personale diplomatico e non nel mondo, l'amministrazione Obama ha rafforzato le misure di sicurezza e inviato marine anche in Yemen: un contingente di 50 uomini, come quello dei marine anti-terrorismo Fast già inviato a Bengasi. La coincidenza dell’attacco al consolato americano di Bengasi con le commemorazioni per l’11 settembre (a undici anni dal terribile attentato alle Torri Gemelle) alimenta il timore di atti terroristici negli Stati Uniti o alle strutture americane nel mondo. Proprio per evitare questo scenario, la Casa Bianca ha preso le distanze dal film anti-islam che ha innescato la miccia delle proteste nei Paesi della primavera araba, definendolo "disgustoso" e ribadendo che gli Stati Uniti non hanno nulla a che fare con la sua produzione. "Le proteste sono contro il video con contro gli Stati Uniti. Non ne siamo responsabili. Noi abbiamo una storia di tolleranza religiosa", ha spiegato il portavoce Jay Carney sottolineando che gli Stati Uniti sono paladini della "libertà di espressione, elemento fondamentale della Costituzione" e che per questo "non possono fermare" nessun tipo di espressione, neanche un’offensiva come quella del video.

Ad ogni modo la Casa Bianca ha chiesto a Youtube di esaminare il film e verificare se rispetti o meno le modalità d’uso del sito, mentre la Cnn fa sapere che l’intelligence americana inviò un cable all’ambasciata americana al Cairo il 9 settembre scorso, ben quarantott'ore prima che scoppiassero gli incidenti, sul pericolo di una reazione islamica alla diffusione del film.

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