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I Pirati si arrendono già e il sogno va a picco: "Obiettivi non realizzati"

Il segretario in sandali del movimento internettiano si dimette per mancanza di linea. Il partito è precipitato dal 13 al 3%

Johannes Ponader
Johannes Ponader

Erano arrivati a un sonante 13 per cento nel Politbarometer, l'implacabile «sondaggio continuo» sulle intenzioni di voto dei tedeschi, ma sono ormai precipitati sotto quota 3. La parabola discendente dei Pirati, il più pittoresco movimento politico in Germania degli ultimi vent'anni, è altrettanto impressionante di quella ascendente, ormai esaurita. Tra i due estremi del grafico, nel loro periodo aureo durato dal 2011 alla metà del 2012, il Piratenpartei era approdato in numerosi consigli regionali, compreso quello della capitale Berlino: faceva presa soprattutto sui giovani il suo approccio virtuale alla politica, tutto sulla Rete, la promessa di una «politica liquida» all'insegna dello slogan di facile ascolto «né destra né sinistra». Ma il loro appeal pare ora evaporato come quello del loro leader, Johannes Ponader, che ieri ne ha preso finalmente atto dimettendosi.
Il trentaseienne Ponader, succeduto nell'aprile scorso alla più carismatica Marina Weisband che a soli 24 anni ne aveva avuto abbastanza adducendo motivi di salute (un'immunodeficienza che attribuisce alle radiazioni subite da bambina nella natia Ucraina in seguito al disastro di Cernobyl), non ha mai fatto cose molto serie per farsi notare. Ha preferito semmai quelle banalmente provocatorie, come presentarsi in sandali da mare al seguitissimo talk show televisivo diretto da Guenter Jauch, durante il quale parlò assai poco ma continuò a twittare in modo compulsivo. L'ostentata eccentricità - simile a quella dei Verdi tedeschi prima maniera, le cui rappresentanti amavano lavorare a maglia al Bundestag - potrà esser piaciuta a qualcuno, ma l'evidente carenza di un indirizzo politico coerente ha stancato molti simpatizzanti, che hanno preso il largo.
Ponader, accusato di essere la causa principale di uno sperpero di consensi che ha pochi precedenti, ha tentato di resistere ma ha finito col capitolare, mostrando uno dei suoi rari momenti di realismo politico nel comunicato d'addio: «Un così massiccio arretramento dei nostri consensi e gli scarsi risultati elettorali in Bassa Sassonia (2,1%) dovrebbero far pensare qualunque membro responsabile del partito».
Chissà cosa ne sarà ora dei rissosi pirati di Germania. Il timone della loro nave da corsa potrebbe tornare nelle mani dell'attuale presidente Bernd Schloemer, che nel maggio scorso sconvolse molte certezze dichiarando le sue simpatie per la Cdu della cancelliera Merkel. In quell'occasione Schloemer, forte di sondaggi che indicavano i pirati al dieci per cento delle intenzioni di voto, precisò che il partito avrebbe deciso con chi governare «solo dopo le elezioni del 2013». Ma siccome in Germania esiste una soglia di sbarramento del 5 per cento, è probabile che l'arduo dilemma non si porrà.

Triste esito di un'avventura che alcuni paragonano a quella dei nostrani grillini, notando l'evidente punto in comune del ricorso alla grande piazza virtuale di internet. Dimenticando però che i Piraten sono per un individualismo libertario, mentre i cinquestelle pencolano verso uno statalismo all'italiana.

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