Incubo in Nigeria, un altro italiano rapito

Incubo in Nigeria, un altro italiano rapito

L’incubo è tornato. A meno di tre mesi dall’uccisione di Franco Lamolinara e del britannico Chris McManus un altro tecnico italiano è nelle mani di un gruppo di sequestratori nigeriani. Tutto inizia lunedì quando Modesto Di Girolamo, tecnico della Borini & Prono di Torino, va a controllare il progetto di drenaggio di una strada nei pressi della città di Ilorin, capitale dello stato di Kwara. La zona non è considerata un’area critica. Pur trovandosi alla soglia di quelle regioni settentrionali dove la sharia governa 12 stati e dove imperversano i fondamentalisti armati, Ilorin è stata raramente investita dalla violenza. E Boko Haram, la spietata organizzazione integralista legata anche al gruppo responsabile dell’uccisione di Franco Lamolinara, non sembra avervi messo radici.
Modesto Di Girolamo, un abruzzese di Rocca di Cambio con 30 anni di Nigeria alla spalle e la dirigenza locale delle Borini&Prono, una società presente in quell’angolo d’Africa fin dal 1952, non prendono dunque misure di sicurezza particolari. Sbagliano. Verso le 17.30, mentre il tecnico è al lavoro, una macchina scura si ferma a poca distanza. Subito dopo un gruppo di sconosciuti lo circonda, lo carica sui sedili posteriori e scompare nel nulla. Da quel momento su Di Girolamo cala il buio. «Non sappiamo nulla - spiega il figlio - solo che lunedì è stato rapito. La Farnesina non ci dice altro. Siamo in attesa». Il sindaco di Rocca di Cambio Gennarino Di Stefano, reduce da una visita alla famiglia, non aggiunge di più. «Modesto Di Girolamo è un 70enne laborioso, lavora da oltre 30 anni in Nigeria e torna qui solo d’estate. I parenti sono in apprensione, non se l’aspettavano».
La Farnesina, che solo ieri ha confermato il rapimento, e gli inquirenti locali non dispongono di molte altre informazioni. «Il nostro comando ha avviato un’indagine per liberare l'italiano», dice la polizia del Kwara. Visti i precedenti ci sarebbe da augurarsi che continui a brancolare nel buio. A innescare la spietata eliminazione di Franco Lamolinara, lo scorso 8 marzo, fu proprio un fallito blitz lanciato congiuntamente da commandos britannici e da forze di sicurezze locali. E martedì un altro disastroso raid nigeriano è costato la vita al tedesco Edgar Raupach, rapito a gennaio nella città settentrionale di Kano. Il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha detto al governo nigeriano di considerare l’incolumità dell’ostaggio «una priorità assoluta» e ha disposto inoltre la partenza per la Nigeria del capo dell’Unità di Crisi, Claudio Taffuri per seguire da vicino la vicenda. Per gestire eventuali trattative e affrontare la spinosa questione del riscatto è già arrivato in Nigeria uno dei titolari della Borini & Prono. «Mio fratello è lì, se ce lo chiedono siamo anche pronti a pagare… ammesso però che esistano delle trattative perché per ora – spiegava ieri Daniela Prono, sorella del titolare – nessuno ci ha detto niente».
Dunque in mancanza di un contatto e di una rivendicazione l’identità dei sequestratori resta incerta. Si spera che il nostro governo abbia riattivato nel frattempo le cellule d’intelligence a cui spetta la responsabilità della Nigeria. Nel caso di Lamolinara l’Italia aveva preferito affidarsi all’intelligence britannica. Così quando Londra e le autorità nigeriane decisero la prova di forza il nostro governo venne tenuto all’oscuro e avvertito solo a blitz avviato.


Con Di Girolamo sono tre gli italiani tenuti in ostaggio nel mondo. La cooperante sarda Rossella Urru, sequestrata a ottobre nel sud dell'Algeria, è in mano ad Al Qaida Maghreb. Giovanni Lo Porto, sequestrato a gennaio in Pakistan, è ostaggio di un gruppo locale di talebani.

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