Intervista ad Antonella Colonna Vilasi.
Gentile professoressa Vilasi, è di questi giorni la notizia dell'uccisione di alcuni giornalisti stranieri in Siria. Il conflitto si sta inasprendo ed è pure certa una guerra tra le intelligence. Lei che è una specialista proprio di questo settore ci può dire se esista veramente uno scontro in atto e a che livello?
Mentre in Germania sono stati espulsi quattro diplomatici siriani in seguito all’arresto di
alcune “barbe finte”, probabilmente i servizi segreti statunitensi sono già infiltrati in Siria da diversi mesi. La loro base operativa è situata in Turchia, dove sono presenti alcuni droni pronti per eventuali operazioni.
La presenza dell'intelligence è quindi propedeutica ad un intervento armato?
Non è da escludere assolutamente. Proprio nei giorni scorsi, la Cnn ha riportato le dichiarazioni di due fonti governative anonime secondo cui il Pentagono starebbe valutando un'opzione militare. Attualmente la situazione è in una fase di stallo. I ribelli e i dimostranti si fronteggiano con il regime, che sta respingendo con violenza i moti. Situazione che sta sfociando sempre più in una guerra civile tra sunniti ed alawiti.
Damasco quindi sempre più sola e a rischio implosione?
Sì, ma in caso di attacco militare straniero contro Damasco l’Iran aiuterà la Siria. Infatti ufficiali della guardia repubblicana siriana già si addestrano in Iran. Da una fonte attendibile emerge che i pasdaran, i guardiani della rivoluzione, stanno addestrando in Iran una cinquantina di ufficiali della guardia repubblicana siriana. Alcune settimane fa armi iraniane destinate alla Siria sono state intercettate dal Mossad in transito per l’aeroporto turco di Diarbakyr. Inoltre l’Iran è sospettato di aver aiutato la Siria nella cyber-guerra contro gli insorti.
Già Reagan avrebbe voluto attaccare la Siria ma poi ci ripensò in quanto considerata un osso troppo duro. Un conflitto a quali conseguenze porterebbe?
L’intervento in Siria trascinerebbe l’intera regione mediorientale in una conflitto inarrestabile. Da trent’anni, il regime alawita di Bashar Al Assad è il perno geografico di un asse sciita che garantisce ai pasdaran il controllo della milizia libanese di Hezbollah, e di quella palestinese di Hamas. Votare una mozione che preveda un intervento militare di no fly-zone, come è successo in Libia, o la creazione di aree di sicurezza, significherebbe fomentare un eventuale intervento dei Guardiani della Rivoluzione e degli Hezbollah.
In caso di conflitto la potenza alleata storica di Damasco, Mosca, come si comporterrebbe?
Relativamente alla posizione russa, per Mosca la caduta del tradizionale alleato siriano significherebbe rinunciare al porto di Tartus, ultima base della marina militare russa nel Mediterraneo. La caduta di Assad segnerebbe quindi per Mosca l’isolamento totale nel contesto mediorientale. Dubito quindi che non farà nulla per impedire al regime di capitolare.