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«L’agguato a pochi passi dalla polizia»

«Li hanno rapiti a poche centinaia di metri dalla prigione che avevano appena visitato. Non c’erano allarmi su possibili sequestri, ma il rischio zero, in zone di conflitto, non esiste». Al telefono da Manila, capitale delle Filippine, il portavoce della Croce rossa internazionale, Roland Bigler, risponde alle domande del Giornale sul sequestro dei suoi tre colleghi tra cui l’italiano Eugenio Vagni.
È vero che l’esercito filippino vi ha offerto una scorta, avvisandovi che la situazione era pericolosa, ma è stata rifiutata?
«Non avevamo ricevuto alcun segnale o allarme per possibili rapimenti. Altrimenti avremmo bloccato la missione. Sulla sicurezza le regole interne sono ferree».
Vuol dire che non vi siete assunti alcun rischio?
«Il rischio zero non esiste nelle zone di conflitto. Però analizziamo sempre accuratamente la situazione sul terreno».
Come sono stati rapiti l’italiano Eugenio Vagni e gli altri due membri della Croce rossa internazionale?
«Ieri, attorno alle 11.30 del mattino nelle Filippine, degli uomini armati sono arrivati a bordo di motociclette e hanno fermato i miei colleghi. Il rapimento è avvenuto a poche centinaia di metri dalla prigione provinciale dell’isola di Sulu, che avevano appena visitato».
Qual era la missione della Croce rossa nel carcere di Sulu?
«I nostri delegati controllano le condizioni dei prigionieri e possono avere dei colloqui da soli con i detenuti per rendersi conto della situazione. Eugenio, invece, è un tecnico che si occupa degli impianti dell’acqua potabile e doveva verificare un progetto in tal senso».
Conosceva l’ostaggio italiano?
«Certo, l’ho incontrato diverse volte a Mindanao. È una gran persona con una lunga esperienza alle spalle, che sa cosa vuol dire aiutare la gente in zone di combattimento. Un veterano che anche questa volta saprà come comportarsi».


Sospenderete gli aiuti nel sud del Paese?
«Il lavoro continua, nonostante il sequestro».

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