Rick Santorum vince le primarie in Alabama e Mississippi. Esulta, poi guarda i risultati della conta dei delegati: in realtà ne ha presi di più Mitt Romney. Nelle primarie repubblicane continua il tira e molla, continua anche il paradosso: vince uno, poi i numeri dicono il contrario. È un continuo sali e scendi tra effetto mediatico e realismo. Adesso sembra che Santorum sia tornato in partita, invece l’unica cosa che è cambiata rispetto al giorno prima è che per qualche ora l’ex senatore della Pennsilvanya si prende titoli e copertine, interviste e minuti televisivi. Poi qualche soldino. Punto. Il resto è invariato: oggi Santorum ha le stesse possibilità di vincere la nomination che aveva l’altro ieri. Ci sono, ma sono poche. Combatterà, ovvio. Ci crede, giusto. La matematica e la politica gli dicono che almeno tecnicamente è possibile: in testa c’è saldamente l’ex governatore del Massachusetts Mitt Romney, con già nel paniere, secondo alcuni complicati calcoli, 496 delegati.L’ex senatore della Pennsylvania segue con 236, distaccando l’ex speaker della Camera Newt Gingrich, con 141, e il deputato libertario Ron Paul, con 67, che non sembrano però avere alcuna intenzione di mollare la competizione e che, secondo vari analisti, penalizzano soprattutto la corsa di Santorum. La situazione, come detto più volte, sembra giocare a favore della rielezione di Obama: nell’ultimo sondaggio, il presidente è risalito nell’approvazione del 50 per cento degli americani.
Non è una buona notizia né per Romney, né per Santorum. Uniti nella campagna anti-obamiana, ma per ora divisi su tutto. In particolare su una cosa. Cioè che da Nord a Sud, da Est a Ovest, il fenomeno politico della primarie è la nuova differenza tra le preferenze dell’elettorato delle città e quello delle zone rurali: ecco Romney piace ai metropolitani, Santorum ai campagnoli. L’ha spiegato David Frum ieri: anche in Mississippi e Alabama, i repubblicani si sono divisi nettamente in base all’area di provenienza social-geografica. Santorum sfonda tra gli elettori più religiosi e delle zone con meno densità di popolazione, il che gli permette anche di conquistare gli stati, ma di essere comunque dietro nella conta dei delegati,perché in molti stati,l’assegnazione dei delegati avviene su base proporzionale rispetto alle popolazioni delle varie contee. La prova è che Romney ha perso Alabama e Mississippi, ma ha vinto nelle due città più importanti: Montgomery e Birmingham.
Dettagli, sì. Dettagli da mappa casa per casa, ma che nelle elezioniamericane possono avere un riflesso determinante. Per questo Frum ieri ha fatto una domanda a tutti i repubblicani: «Pensate che le zone rurali del Mississippi siano l’America?» La sua risposta è scontata. Ed è la forza che spinge Romney verso una nomination difficoltosa, ma praticamente inevitabile. A Santorum il miracolo di batterlo può riuscire soltanto se dovesse vincere le primarie in Illinois, il prossimo 20 marzo. A questo dovrebbe accoppiarci un’altra carta: il ritiro di Gingrich che rosicchia i suoi voti più all’ex senatore della Pennsylvania che all’ex governatore del Massachusetts. Qualcuno ieri ha parlato di un potenziale ticket Santorum-Gingrich, in chiave anti-Romney. Si devono sbrigare, però.
Se Mitt vince in Illinois la strada è di nuovo in discesa: perché il 24 aprile si vota a New York (95 delegati), il 29 maggio in Texas ( 155 delegati), il 5 giugno in California ( 172 delegati). In tutti e tre gli stati è favorito Romney. Da lì in poi sarà imbattibile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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