Da oggi l'Egitto è governato dal Corano. I risultati ufficiali del referendum sulla Costituzione non arriveranno prima del voto di altri 17 governatorati di sabato 22 dicembre. Poco importa. I nove governatorati dove si sta svolgendo il primo scrutinio comprendono il Cairo, roccaforte del voto laico e copto. E qui i Fratelli Musulmani si attribuiscono 4milioni e 604mila sì contro 3 milioni e 539mila no. Dunque si considerano vittoriosi e danno per approvata la Costituzione basata sulla sharia. Chi potrà smentirli? Il loro referendum-lampo è stato organizzato in due settimane senza la supervisione del potere giudiziario e senza lo straccio di un osservatore internazionale. A questo punto l'opposizione laica e cristiano copta non ha nessuno a cui appellarsi. L'Occidente e la comunità internazionale, Barack Obama in testa, assistono accondiscendenti ai diktat del presidente Mohamad Morsi. I generali schieratisi con gli islamisti in cambio di una Costituzione che preserva i loro privilegi hanno rinunciato al ruolo di difensori della laicità. Dunque è tempo di guardare ai cambiamenti che verranno introdotti grazie alla Costituzione ratificata dal referendum.
La prima svolta è già in quell'articolo 1 che definisce il popolo egiziano «parte della nazione islamica». Grazie a questa definizione cristiani e laici vengono assimilati alla maggioranza islamista. Su scala mondiale diventano parte della «umma» la comunità islamica. L'articolo 2 che impone l'islam come «religione di stato» e i principi della sharia come principale fonte legislativa è solo apparentemente simile alla vecchia Costituzione. Il trucco si nasconde all'articolo 229 dove si specifica che «i principi della sharia sono le regole giuridiche fondamentali, i principi e le fonti scritte riconosciute dalla scuola giuridica sunnita». Il Parlamento perde insomma la propria autonomia, e deve sottoporsi al potere discernente delle autorità islamiche che potranno bocciare le sue leggi.
Il sistema politico basato «sui principi della democrazia e della shura» evocato all'articolo 6 è un altro sbandamento verso l'islamismo fondamentalista. Il termine «shura» è altamente ambiguo perché nell'accezione salafita indica un assemblea consultiva, non eletta, formata solo da musulmani e priva di poteri legislativi.
L'articolo 10 è la spada di Damocle sospesa sulla testa del genere femminile perché ignora l'obbligo per lo stato, previsto in passato, di rispettare l'uguaglianza tra uomo e donna. Nel nuovo Egitto «la famiglia è la base della società ed è fondata su religione, morale e patriottismo...lo stato concilierà i doveri della donna verso la famiglia con quelli del lavoro». In pratica la donna non può più decidere la propria vita né svolgere un lavoro autonomo. Per lei decidono la famiglia ed eventualmente lo stato dei Fratelli Musulmani.
Chi ora griderà all'intolleranza e si straccerà le vesti nel nome dei diritti delle donne avrebbe fatto meglio ad ascoltare le promesse di Morsi durante la campagna elettorale. «Tutti concordano - spiegava a giugno il candidato Morsi - che la sharia è la Costituzione e guida ogni aspetto della vita. Solo quanto espresso nel Corano sarà letto e ascoltato...
Son passati neanche sei mesi ed il Corano è diventato legge. Con tanti saluti a quanti sognavano un governo dei Fratelli Musulmani ispirato ai principi della democrazia e della libertà.
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