Ho seguito per il Giornale.it le elezioni politiche negli Stati Uniti. Un anno intenso, dalla lunga corsa delle primarie repubblicane, fino alle convention estive dei due partiti, dai dibattiti in diretta tv tra Romney e Obama fino alla lunga notte elettorale del 6 novembre.
Un'esperienza stimolante, anche se vissuta a migliaia di km di distanza. Ma grazie a Internet e soprattutto a Twitter le notizie arrivavano in tempo reale. Bisognava solo avere il tempo e la pazienza di filtrarle e soppesarle per evitare di diventare i megafoni dell'una e dell'altra campagna elettorale. O comunque per ridurre il rischio.
Dopo dodici mesi a inseguire sondaggi, dichiarazioni più o meno importanti e programmi elettorali, ho avuto la conferma che la politica americana, nonostante alcuni difetti, abbia soprattutto grandi pregi: ricambio, democrazia dal basso e un ben oliato meccanismo di alternanza tra due visioni contrapposte della società (e non solo a livello economico). Oltre a un formidabile meccanismo di pesi e contrappesi (checks and balances ) che caratterizza i rapporti fra i vari poteri dello Stato.
Su Monticello, il blog che ho aperto su il Giornale.it, continuerò a scrivere di America. Di politica ma non solo.
Ho scelto questo nome perché mi piaceva ricordare la collinetta della Virginia dove abitava Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti. Per un periodo a Monticello visse anche un toscano, Filippo Mazzei. Alcuni dei suoi scritti furono tradotti in inglese dallo stesso Jefferson, che rimase influenzato dagli ideali di libertà e uguaglianza dell'italiano. A tal punto che più tardi alcune frasi dell'italiano finirono nella Dichiarazione d’Indipendenza.
Gli Stati Uniti ricordano Mazzei (non solo gli storici ma anche alcuni presidenti ne hanno riconosciuto il valore). L'Italia, purtroppo, se n'è dimenticata.
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