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Il mormone che sfida il destino di famiglia

Il padre George, a lungo governatore, tentò di candidarsi alla presidenza. Ora ci prova lui

New York - La vera sfida di Mitt? Battere la maledizione di fami­glia: anche suo padre tentò la mar­cia verso la Casa Bianca, ma non ce la fece. Il candidato repubblica­no alla presidenza ha compiuto a marzo 65 anni ed è stato governa­tore del Massachusetts dal 2003 al 2007. Nel 2006 decise però di non ricandidarsi e di provare a insegui­re la nomination repubblicana in vista delle elezioni del 2008.Quel­l’anno fu però sconfitto dal senato­re dell’Arizona John McCain alle primarie del partito. Da allora Romney ha continuato a lavorare per diventare il candidato repub­blicano alla presidenza degli Stati Uniti e ha ottenuto la nomination lo scorso 29 maggio.
Figlio di George, popolare go­vernatore del Michigan per tutti gli anni Sessanta che provò senza successo a candidarsi alle prima­rie repubblicane nel 1968, Rom­ney è cresciuto a Bloomfield Hills, poco distante da Detroit, in una fa­miglia mormone. Come missiona­rio della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni, ha passa­to due anni e mezzo in Francia, a partire dal 1966. «È partito ragaz­zo ed è tornato uomo», racconta spesso Ann, la donna che ha spo­sato nel 1969 al suo ritorno, madre dei suoi cinque figli, tutti maschi. Romney si è laureato nel 1971 a Brigham Young, università mor­mone, per poi ottenere un master in legge e un Mba ad Harvard nel 1975. Due anni più tardi ha comin­ciato a lavorare a Bain & Com­pany, per la quale fondò nel 1984 Bain Capital, colosso del private equity di cui è stato amministrato­re delegato fino al 2002 e che oggi ha 400 dipendenti in tutto il mon­do e gestisce un patrimonio di 66 miliardi di dollari. Gli anni passati in finanza hanno reso Romney
estremamente ricco - la sua fortu­na è stimata fra i 200 e i 250 milioni di dollari - ma soprattutto gli han­no permesso di affinare le sue grandi capacità manageriali. Il suo passato in finanza è stato però spesso attaccato dai suoi opposi­tori, che gli contestano di aver pa­gato aliquote fiscali estremamen­te basse e di aver inviato grandi somme di denaro nei paradisi fi­scali dei Caraibi.
Dopo aver raggiunto i vertici della finanza americana, Romney
ha prima salvato le Olimpiadi in­vernali di Salt Lake City da uno scandalo di corruzione nel 2002, poi è divenuto il governatore re­pubblicano di uno Stato profonda­mente liberal, il Massachusetts, l’anno seguente. Quest’anno Romney ha faticato molto a con­vincere l’elettorato ultraconserva­tore del partito, motivo per cui è stato spesso accusato di essere una banderuola. Dopo aver tenu­to infatti per mesi posizioni forte­mente conservatrici, l’ex governa­tore si è spostato verso posizioni più moderate, mettendo in diffi­coltà Obama nei dibattiti di otto­bre e arrivando come un candida­to moderato in grado di strappare la Casa Bianca al presidente.
Alla convention del partito di Tampa, a fine agosto, Romney ha annunciato un piano per creare 12 milioni di posti di lavoro attra­verso aiuti per le piccole e medie imprese, ha promesso la riduzio­ne del deficit federale, l’indipen­denza en­ergetica entro il 2020 e ac­cordi commerciali che facilitereb­bero
l’aumento dell’occupazio­ne. Nel corso della campagna elet­torale, l’ex governatore ha più vol­te ribadito di voler abrogare la ri­forma sanitaria di Obama, e dopo l’attentato dello scorso 11 settem­bre a Bengasi, in Libia, ha criticato duramente la reazione del gover­no americano.

Nei suoi piani l’America dovrà tornare ad essere la principale potenza al mondo.

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