Ora il Cile rischia il contagio del socialismo alla Chavez

Il Paese è sano ma l'economia sta frenando. E la discesa in campo della Bachelet potrebbe interrompere il primo esperimento di governo liberale dopo la dittatura

Michelle Bachelet con gli altri leader sudamericani
Michelle Bachelet con gli altri leader sudamericani

La paura è che la rete si ricomponga, che il ciclo socialista e nazionalista dell'America Latina, inaugurato da Chávez, non si sia ancora esaurito. I solchi tracciati dal caudillo sono profondi. Il leader bolivariano è morto, ma la sua politica continua a vivere.
Mancano ancora diversi mesi alle presidenziali di novembre eppure il ritorno di Michelle Bachelet ha già spaccato il Paese. I conservatori tornano a tremare, presto potrebbero dire addio a Sebastian Pinera, il Berlusconi del Cile che aveva riportato il Paese a destra, il primo governo conservatore dopo la dittatura, una breve parentesi in effetti di governo di destra, e ritrovarsi con lei, la presidenta socialista che guidò il paese dal 2006 al 2010. Quella della Bachelet è una campagna per niente facile, deve far dimenticare al Paese la delusione per tante promesse non mantenute, dei giorni passati a protestare, della rabbia dei minatori, degli studenti. E proprio uno di loro l'altro giorno l'ha seguita durante uno dei suoi tanti comizi, l'ha avvicinata e ha gridato «È dal 2006 che continua a dire bugie alla gente» e le ha sputato in faccia. «Se pensate che un fatto come questo possa impaurirmi, allora è chiaro che non mi conoscete. Sono tornata in Cile per servire il paese», è stata la risposta dell'ex presidenta mentre si puliva la faccia. Dopo aver lasciato l'incarico quattro anni fa, con un alto indice di popolarità, la Bachelet, 62 anni, parte come favorita per il voto. Ma il suo ritorno non era affatto scontato. Anzi, molti ormai la davano ( o forse la volevano) fuori dai giochi, dopo il prestigioso incarico di responsabile dell'Agenzia per l'Uguaglianza di Genere e l'Empowerment delle Donne alle Nazioni Unite. Al termine dello scorso mandato non aveva potuto tentare la rielezione immediata poiché la Costituzione del Cile vieta mandati consecutivi. «Combattere la disuguaglianza» è il suo slogan politico, ma già a partire dagli ultimi anni del primo mandato, gli studenti avevano iniziato a protestare per avere un sistema di istruzione gratuito. E le contestazioni sono continuate e cresciute durante il mandato del suo successore, il conservatore Sebastian Pinera, la cui popolarità è scesa ai livelli più bassi della storia cilena dalla fine della dittatura del generale Augusto Pinochet, nel 1990. Da parte conservatrice, a sfidare la candidata socialista sarà Andres Allamand, o Laurence Golborne, che nel 2010 guidò le operazioni di soccorso dei 33 minatori intrappolati per due mesi sotto terra. Entrambi però sembrano molto lontani dalla favorita nei sondaggi. Ecco da dove nasce la paura di quella classe media, dalla borghesia che invece si era sentita più protetta da un governo conservatore. Ma non sono i soli. È il fantasma di Chavez che ricompare, il paese sa che Bachelet ha dato il suo appoggio alle politica dell'ex presidente venezuelano. Pablo Longueira, candidato della UDI, Unione democratica Indipendente, ha esplicitato l'ansia di molti: «la decisione del partito comunista di dare l'appoggio alla Bachelet- ha detto- è una profonda retromarcia per il Cile. Il 50 per cento dei partiti che la appoggiano oggi sono partiti chavisti, partiti che hanno lasciato sul loro cammino solo dolore per la popolazione». Insomma, con la Bachelet l'asse tornerebbe a ricomporsi e il Cile smetterebbe di essere quello spicchio di destra tra terre populiste.

Amata dalle sinistre latino americana, dalla Kirchner in Argentina, da Dilma Rousseff in Brasile, da Daniel Ortega in Nicaragua, da Evo Morales in Bolivia, da Rafael Correa in Ecuador Michelle è pronta a tornare a vincere.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica