François Hollande è il nuovo presidente francese. E non ride più nessuno, ora. Non ride Nicolas Sarkozy che ha perso. Non ridiamo noi che ne avremmo voglia, ma che ci ritroviamo come vicino un veterosocialista, statalista, burocrate. Non ride quella parte di Europa che vede nel nuovo padrone dell’Eliseo uno che dovrebbe contrastare lo strapotere tedesco e che presto rimarrà delusa: Hollande scenderà a patti con la Merkel, anzi forse l’ha già fatto. Non ride nessuno perché non si può: questo è un voto che guarda al passato.
È l’usato sicuro, come direbbe e come dice Pierluigi Bersani che guarda caso è amico di Hollande. La Francia non ha scelto per domani, ha soltanto voluto bocciare Sarkò: ha votato più contro di lui che a favore dell’avversario.Ha punito l’uomo che aveva promesso la rivoluzione della rupture e invece è finito a tramare come un cortigiano della restaurazione: solo che qui non ci sono regine affascinanti e re potenti, c’è un’imperatrice che sta a Berlino e da lì telecomanda i destini di un intero continente. Sarkozy ha pagato: esce di scena dopo un mandato, cinque anni appena per riconsegnarsi all’oblio.Vedremo se momentaneo o duraturo. Vedremo se tornerà, se ci proverà, se esisterà. Ha fallito, lo sa.
Non lo ammetterà, ma lo sa. Lascia un Paese e un’Europa delusi. Lascia e mette Parigi nelle mani di un signore che appartiene al secolo scorso, che incarna le idee di una sinistra per niente moderna. Uno che ha vissuto tutta la vita all’ombra e al servizio dei big: Mitterrand, Delors, Jospin. I francesi l’hanno soprannominato «flanby», la marca di un budino. Parla così: «Per essere amati è necessario aver sofferto. Per essere eletti è necessario essere stati feriti ». Il nuovo presidente è uno che probabilmente sceglierà come premier la Aubry, la signora che da ministro ha varato la legge sulle 35 ore. È sufficiente a capire che siamo fuori dal tempo e dalla storia. Non si può ridere, allora. Vedrete oggi: leggeremo commenti entusiasti del Pd, del Sel, di Bersani, di Vendola, di Di Pietro sul ritorno della sinistra.
È cambiato il vento, diranno. La verità è che gli elettori bocciano quella destra che perde i valori liberali, la destra che si rifugia nella burocrazia, nello Stato, nel centralismo nazionale e continentale. Hollande trionfa per demeriti degli avversari. I numeri paradossalmente dicono che la gente sta a destra, ma aggiungono che se la destra si sfilaccia non può mai vincere. Vale per loro e vale anche per noi: il voto francese è una sveglia per il Pdl, per la Lega, per l’Udc. Divisi possono solo consegnare il Paese a Bersani.Cioè all’Hollande italiano. All’Eliseo arriva un uomo che per risolvere la crisi vuol assumere altri dipendenti pubblici.
È così che pensa ai giovani: un’infornata di burocrati che porterà benefici elettorali (gli saranno riconoscenti), ma che inorridisce i mercati e non solo loro. Ci metterà una dose di zapaterismo: vedrete presto la retorica delle hollandette, nel senso che in onore al buonismo e alla logica delle quote rosa, il nuovo presidente riempirà il governo di donne col solo scopo di farsi dire: «Bravo, è così che si fa».
La Francia non va avanti, neanche di un po’. L’Europa neppure:i problemi saranno gli stessi, le ricette anche.
Ci siamo tolti il peso di Sarkozy e del suo tradimento doppio: allo spirito che aveva animato il suo arrivo all’Eliseo e all’idea che con lui si potesse costruire un asse liberale di una destra moderna. Non c’è nulla da imitare in questo voto. Non c’è neanche da stare allegri. Figuriamoci se ci possa essere qualcosa da ridere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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