Piazza Tahrir ribolle: i militari sono pronti a completare il golpe

Una settimana dopo il voto non ci sono ancora i risultati delle presidenziali. Fratelli musulmani in cerca di un accordo con i "rivoluzionari"

Piazza Tahrir ribolle: i militari sono pronti a completare il golpe

Il Cairo - I negoziati sono durati un giorno e una notte. I Fratelli musulmani, alcuni grup­pi rivoluzionari, liberali, figure della sinistra egiziana si sono riuniti attorno a un tavolo giovedì per trovare un accordo sulla forma­zione di un fronte comune contro i militari al potere da febbraio 2011. E hanno annuncia­to p­er la prima volta la formazione di un fron­te unito, anche se non rappresentativo di tut­te le forze che nel 2011 riempirono la piazza.

La Fratellanza teme in queste ore di perde­re il potere che sembrava fino a pochi giorni fa consolidarsi nel suo campo. Pochi giorni prima del voto, infatti, una Corte Costituzio­nale ha sciolto il primo Parlamento eletto dell'Egitto, a maggioranza islamica. E alla chiusura delle urne, la giunta militare ha pubblicato una dichiarazione costituziona­le che limita i poteri del prossimo presiden­te.

A quasi una settimana dal voto, i risultati ufficiali non sono ancora stati resi no­ti. La Commissione elettora­le ha rimandato l'annuncio, prolungando una destabiliz­zante attesa. I Fratelli musul­mani nei giorni scorsi han­no però annunciato di aver vinto. Un gruppo di giudici indipendenti ha confermato le cifre. Ieri, pe­rò, mentre migliaia di sostenitori del movi­mento islamista hanno invaso l'iconica piaz­za della rivoluzione, midan Tahrir, per con­testare le ultime mosse dei militari, i mass media egiziani hanno riportato l'ultima di molte indiscrezioni sull'esito elettorale. Se­condo fonti governative, oggi la Commissio­ne elettorale annuncerà la vittoria di Ahmed Shafik, l'ex premier di Mubarak.

L'Egitto aspetta da quasi una settimana il risultato del voto presiden­ziale, tra un crescente nervo­sismo, notizie contrastanti, costanti smentite, voci e mezze conferme. E la tensio­ne sale. Ieri, mentre la piaz­za si riempiva di sostenitori di Mohammed Morsy, con i toni monocordi dei comuni­cati­militari l'esercito ha par­lato alla nazione di rispetto della sovranità della legge, di indipendenza della magistra­tura. Ha ricordato che non applicare le deci­sioni dei giudici è un crimine: un riferimen­to non velato alle proteste dei Fratelli musul­mani.

In questa destabilizzante attesa dei risul­tati, lo scontro tra poteri è aperto. E ognuno usa le armi a sua disposizione. Mentre in piazza continuava la protesta, Morsy è ap­parso a una conferenza stampa in un grande albergo sulla strada dell'aeroporto, lo stesso dove per un giorno e una notte il candidato ha trattato con membri della rivoluzione, fi­gure della sinistra e liberali per trovare un compromesso e formare un blocco capace di fronteggiare i militari, spiega Islam Lofti, del gruppo Tayyar El Masry, presente agli in­contri.

In cambio dell'appoggio di personaggi c­o­me Ahmed Maher e Wael Ghonim, noti lea­der della rivoluzione presenti alla conferen­za, del Nobel Mohammed ElBaradei e altre figure della vita politica e culturale egiziana, Morsy ha promesso in caso di vittoria un'As­semblea costituente rappresentativa di tut­te le forze politiche; che i Fratelli musulmani non

saranno la maggioranza nel suo gover­no; che il premier sarà un indipendente; che il suo vice presidente sarà o una donna, o un copto, o un rappresentante dei giovani rivoluzionari, o uno dei candidati usciti al primo turno.

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