Hamas gongola, Israele si preoccupa. I bisbiglii toscani di Romano Prodi sono già un fiume in piena. A volte compiaciuto, a volte indignato. I primi a sguazzarci dentro sono i leader di Hamas, rimessi in gioco dall’invito del nostro presidente del Consiglio a ignorare bagattelle e massacri di Gaza per dialogare con i fondamentalisti.
I primi a bollare come una iattura l’invito e a ripristinare la consueta diffidenza nei confronti del nostro esecutivo, appena mitigata dalla recente visita prodiana a Gerusalemme, sono gli israeliani. A esprimere «stupore e preoccupazione» ci pensa il direttore generale del ministero degli Esteri israeliano Aaron Abramovich. «Hamas - sostiene l’alto funzionario - non è cambiato e se è cambiato lo ha fatto in peggio, non c’è motivo per premiarlo con un negoziato». A far arrabbiare gli israeliani è soprattutto il tempismo scelto da Prodi per le sue dichiarazioni. Le sue parole rischiano non solo di rompere il friabile fronte europeo, ma di interferire nelle iniziative della Casa Bianca, del premier israeliano Ehud Olmert e del presidente palestinese Mahmoud Abbas per arrivare alla conferenza di novembre sul Medio Oriente con in mano un accordo di principio sulla nascita dello Stato palestinese. Un accordo che sia Abbas sia Olmert giudicano irraggiungibile qualora si dovesse tener conto dell’interferenza fondamentalista e della sua non disponibilità a riconoscere Israele.
Prodi, seminando dubbi sulla decisione di emarginare il movimento islamico, rischia dunque, dal punto di vista israeliano, di erodere la posizione europea e vanificare l’unica concreta iniziativa di pace messa in moto negli ultimi tre anni. Il poco invidiabile ruolo di sabotatore della compattezza occidentale viene attribuito a Prodi, con toni compiaciuti e soddisfatti, anche da Hamas. «L’invito al dialogo con il nostro movimento indica che Roma è uscita dall’ombrello americano», commenta entusiasta il portavoce fondamentalista Fouzi Ibrahim dando per scontata l’imminente rottura tra Roma e Washington. A rafforzare la certezza di Hamas di poter sfruttare le contraddizioni della politica europea per incrinare la compattezza occidentale e uscire dall’isolamento contribuisce anche una relazione della commissione Esteri del Parlamento inglese, nella quale i deputati dell’organo parlamentare criticano il boicottaggio di Hamas, chiedono all’inviato per il Medio Oriente Tony Blair di riallacciare i rapporti con il movimento fondamentalista e invitano il cancelliere Gordon Brown a non ignorare il ruolo di Hamas, di Hezbollah, e dei fratelli musulmani d’Egitto.
Il duetto italo-britannico è musica per le orecchie di Hamas. «L’Italia e la Gran Bretagna hanno cambiato politica nei nostri confronti - azzarda Ibrahim - grazie alla fermezza con cui Hamas ha sempre respinto ogni riconoscimento dell’entità sionista e ribadito il diritto alla resistenza armata all’occupazione». La testardaggine insomma paga, e Prodi e i deputati inglesi- fanno capire i gli integralisti - sono costretti a rinunciare al riconoscimento di Israele e ad avvalorare la fede nella lotta armata.
I più spaventati dalle parole in libertà del premier in vacanza sembrano i fedelissimi del presidente palestinese Abbas, che temono, in caso di ritorno in gioco di Hamas, di veder azzerate le trattative con Olmert e ritrovarsi scaraventati nell’inferno della guerra civile.
«Negoziare con Hamas prima di averlo costretto a tornare sui propri passi rinunciando all’egemonia sulla Striscia di Gaza - commentano le fonti della presidenza palestinese - sarebbe come ricompensarlo per il golpe messo a segno lo scorso giugno».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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