«Sono un uomo che conosce una cosa o due. Oppa è lo stile di Gangnam. Ehi sexy lady», canta il rapper che sta facendo ballare il mondo. Ed è evidente che non è la sua poetica a renderlo il fenomeno di costume più trasversale del pianeta.
Ma in fondo che importa: fuori dalla Corea, quando Psy canta si capisce solo «Sexy lady». Oltre 900 milioni di persone però hanno cliccato il video ufficiale di Gangnam Style, senza contare i clic sulle altre esibizioni, sulle tante imitazioni e parodie e sui video che ritraggono i flash mob, eventi lampo organizzati in tutto il mondo (date un'occhiata alla marea di gente che c'era a Torino in piazza Duomo a Milano) per ballare il nuovo scanzonatissimo rap coreano.
Le parole di Psy contano molto meno delle sue movenze: con quell'aria da ragioniere e la riga da una parte, i suoi contorcimenti sono tanto irresistibili quanto è improbabile il suo look da James Bond tarchiato, con i lustrini e circondato da bellone danzanti.
Le parole non contano, ed ecco perché è una beffa che ora proprio i versi di un sua canzone stiano creando un incidente internazionale capace di imbarazzare Barack Obama. Durante la campagna elettorale il presidente aveva annunciato che avrebbe festeggiato ballando «gangnam» per la sua Michelle. Una frase apparentemente buttata lì, ma che ha fatto il giro del mondo e creato empatia con i milioni di fan americani del rap coreano, il K-pop.
Come logica conseguenza, Psy ha fissato una data del suo tour a Washington e il presidente con la famiglia è tra gli ospiti attesi per stasera. A guastare la festa i soliti cronisti impiccioni della Cnn che sono andati a ripescare una vecchia performance di Psy: nel 2004 il cantante aveva preso parte al concerto dei N.e.x.t. e dal palco aveva «rappato» versi di un anti americanismo feroce: «Uccidete quei fottuti yankee che torturano gli iracheni, uccidete quei fottuti yankee e le loro figlie, madri, nuore e padri. Uccideteli tutti, lentamente e dolorasamente». In un'altra occasione aveva sfasciato un carro armato americano sul palco, tanto per rendere chiari i suoi sentimenti verso la presenza di migliaia di militari americani in Corea del Sud e dopo che due studentesse coreane erano morte in un incidente con un blindato Usa. Il rap americanofobo invece l'aveva cantato dopo che un missionario coreano era stato rapito e decapitato in Iraq.
Solo una canzone? Non per gli americani, che questo genere di cose non le prendono alla leggera. La Casa Bianca ha preferito non commentare, ma l'imbarazzo è evidente. E Psy l'ha capito e ha fatto un rapido dietrofront: «Mi scuso per quelle parole, sono state una reazione emotiva. Mi scuso anche per i toni incendiari. Apprezzo la libertà di espressione ma ho capito che bisogna porsi dei limiti». Da artista a diplomatico in un secondo.
Del resto Psy ora è ricco e famoso e non ha più bisogno di sparare sugli americani, atteggiamento che negli anni ha garantito a tanti artisti una pubblicità gratuita. Il rapper di Seul è davvero «un uomo che conosce una cosa o due».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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