Quando il nemico più "comodo" è anche il colpevole sbagliato

Per la strage di Tolosa si è subito pensato ai nazisti, in Norvegia con Breivik agli islamici, a Madrid (nel 2004), all’Eta. I pregiudizi che sviano le indagini

Quando il nemico più "comodo" è anche il colpevole sbagliato

E più facile spezzare un atomo che uccidere un pregiudizio. Col senno di poi l’ex primo ministro spagnolo Maria Aznar sottoscriverebbe volentieri la famosa frase di Einstein. Ricordate? L’11 marzo 2004 dopo la strage ai treni di Madrid l’allora premier spagnolo non esitò a puntare il dito contro i terroristi baschi dell’Eta. Il risultato fu devastante. Tre giorni dopo Aznar si ritrovò sonoramente trombato dall’ininfluente Josè Zapatero. Il 22 luglio scorso non andò molto diversamente. Quando il folle Anders Behring Breivik fece esplodere un’autobomba davanti agli uffici del governo di Oslo e corse a far strage di giovani laburisti sull’isola di Utoya tutti pensarono ad un attacco jihadista pianificato per punire la missione norvegese in Afghanistan. Invece Anders Behring Breivik era solo un folle mosso da distorte e mal digerite idee sulla supremazia della razza.
All’indomani della strage alla scuola ebraica di Tolosa la macchina del pregiudizio era in pieno movimento. La situazione era perfetta. L’immagine di un killer in divisa mosso da un odio verso i commilitoni dalla pelle scura e gli ebrei era quello che ci voleva. Andava a pennello sia alla gauche del debuttante Francois Hollande, sia alla destra di governo del presidente Nicolas Sarkozy. Lo stereotipo del paracadutista massacratore di negri e bambini mosso da un coacervo di idee naziste e razziste era inoltre il siluro perfetto per affondare Marine Le Pen, la grande incognita del voto d’oltralpe, il terzo incomodo che rischia di rubar voti sia al presidente sia al suo rivale. La realtà, invece, è non solo molto più sorprendente della fantasia, ma rischia anche di favorire un candidato imbarazzante come la figlia del già terribile Jean Marie Le Pen. Di fronte al caso di Mohammed Merah, un terrorista conclamato evaso da un carcere afghano, ma lasciato libero di circolare in Francia, molti anche a sinistra incominceranno a chiedersi se sia il caso di credere ancora nella tolleranza «tout court» predicata da Hollande. E a destra altri si domanderanno perché il governo di Nicolas Sarkozy non sia riuscito a prevenire le gesta di un militante reduce da un’evasione dal carcere afghano di Kandahar in compagnia dei suoi amichetti talebani.
Questi elementi - oltre a tradursi in un inaspettato regalo per Marine Le Pen - insegnano una volta di più quanto gli stereotipi - e di conseguenza l’ideologia - si rivelino pericolosi e svianti se applicati alla sicurezza e alla giustizia. In Spagna Aznar puntò il dito contro l’Eta per esorcizzare un fantasma di Al Qaida che rischiava di favorire elettoralmente chi gli rimproverava l’invio di truppe in Iraq. In Norvegia tutti inizialmente privilegiammo la pista jihadista perché rifiutavamo aprioristicamente l’idea di un folle figlio di un’ideologia marginale in un paese pacifico e tollerante come la Norvegia. Ma nel caso francese lo stereotipo ha superato ogni limite.

Di fronte alla strage di bambini ebrei alla scuola di Tolosa la baronessa Cathy Ashton, responsabile della Sicurezza Europea, non ha potuto resistere al desiderio, tanto politicamente corretto, di ricordare i bimbi palestinesi vittime delle bombe israeliane a Gaza. Dimostrandosi in piena sintonia con Mohammed Merah che, guarda caso, ha scelto lo stesso folle stereotipo per rivendicare l’assassinio delle sue vittime innocenti.

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