Un uomo armato di coltello steso da decine di colpi di pistola, in pieno centro e davanti a decine di persone, dopo essersi rifiutato di mollare l'arma? Una scena come quella di ieri a Times Square, nel cuore di Manhattan, in Italia non la potremmo mai vedere. Non solo perché le nostre forze dell'ordine hanno un approccio «culturalmente» diverso a problemi del genere. Ma anche per una questione di normative, ben difformi tra gli Usa e il nostro Paese. Parola di un ex alto dirigente della polizia di Stato, con anni di esperienza nel campo della sicurezza e dell'ordine pubblico in una grande città, che racconta al Giornale perché una sparatoria come quella di ieri pomeriggio a New York è qualcosa che può accadere solo Oltreoceano, ed è la «dimostrazione di un metodo che lascia il tempo che trova». «Da noi in Italia l'arma - spiega l'uomo - va usata solo quando è indispensabile per difendere se stessi o gli altri da un pericolo imminente, e poi va usata gradualmente, in modo da provocare la minore offensività possibile». Dunque, la procedura «nostrana» non prevede gragnuole di proiettili sulla «minaccia», anzi. «Prima va esploso un colpo a scopo intimidatorio, sperando basti a convincere l'uomo a lasciare l'arma. Se proprio non desiste, e magari ti viene addosso, si cerca di renderlo inoffensivo con il minimo danno, per esempio sparandogli a un piede». Solo buon senso? No, spiega l'ex poliziotto.
«Tutti gli operatori delle forze dell'ordine italiane sono addestrati all'utilizzo delle armi così come questo è previsto dal nostro ordinamento, che lo consente solo per impedire fatti lesivi. E, per restare al caso statunitense, in Italia è richiesto anche che l'arma utilizzata per la difesa sia proporzionata a quella con cui viene portata la minaccia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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