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"Rating a rischio" Il debito dell'America incubo per il mondo

Ficht conferma la tripla A ma tiene il Paese sotto osservazione. Ultime ore per un accordo. I democratici premono sui repubblicani: "Ci declassano"

"Rating a rischio" Il debito dell'America  incubo per il mondo

New York - Le lancette degli orologi continuano a scorrere senza sosta, la scadenza del 17 ottobre è ormai dietro l'angolo, ma a Washington l'intesa che può mettere fine allo shutdown del governo federale americano resta lontano. Per questo Barak Obama dice in un'intervista tv: «Sono fiducioso ma non c'è molto tempo».

«Stiamo cercando un modo di andare avanti e di trovare una via d'uscita già oggi», ha annunciato ieri mattina da Capitol Hill lo speaker repubblicano della Camera John Boehner. «I repubblicani hanno sabotato ogni tentativo bipartisan», ha risposto il leader democratico alla Camera Nancy Pelosi. «Speriamo che la Camera prenda sul serio questa scadenza, siamo ancora lontani da un accordo», ha puntualizzato Jay Carney, il portavoce della Casa Bianca. «L'economia ha già pagato in termini di crescita e lavoro, il Congresso deve prendersi la responsabilità di riaprire il Governo e innalzare il tetto del debito».

La nuova proposta presentata dalla Camera, intanto, è stata bocciata. La Casa Bianca ha rifiutato il piano, definendolo «un tentativo di placare un piccolo gruppo di repubblicani dei Tea Party», l'ala ultraconservatrice del partito, mentre Harry Reid, leader dei democratici in Senato, lo ha dichiarato un lampante attacco allo spirito bipartisan. «Ci sentiamo colpiti alle spalle dalle notizie che arrivano dalla Camera», ha affermato. «Voglio essere chiaro: il testo della Camera non sarà approvato in Senato». Il nodo principale resta la riforma sanitaria voluta da Obama: i repubblicani, in particolar modo i Tea Party, non vogliono approvare un bilancio che preveda fondi per l'Obamacare considerata una legge sbagliata e che farà aumentare vertiginosamente i costi dello Stato; i democratici non vogliono che la riforma sia toccata. Gli Stati Uniti intanto restano sull'orlo del default e da domani non avranno più soldi in cassa per far fronte ai propri debiti. Qui la critica dei repubblicani e soprattutto del Tea Party è molto aspra: la colpa, in gran parte, è dell'amministrazione Obama che in meno di cinque anni ha accumulato un terzo del debito attuale.

Tutti sono convinti che un accordo alla fine si troverà, ma dopo quindici giorni di serrata l'intesa rischia di arrivare con la situazione ormai compromessa. I mercati, che nelle prime giornate di stallo politico avevano risposto con ottimismo, hanno virato in negativo e già oggi potrebbero registrarsi forti turbolenze: il default spianerebbe la strada a una nuova e terribile crisi economica.

Sulle trattative si allunga l'ombra delle agenzie di rating. Reid, terrorizzando il Paese, ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero andare incontro a un taglio del rating. Le sue parole non hanno trovato conferma da parte di Standard & Poor e Moody's. Ma Fitch, che conferma la tripla A, mette sotto osservazione «con implicazioni negative», come si legge in una sua nota, le prospettive della principale economia mondiale, perché le autorità Usa «non hanno aumentato in modo tempestivo il tetto del debito». D'altra parte il solo citare le agenzie riapre una vecchia ferita per Obama. Nel 2011, dopo il primo storico e imbarazzante declassamento degli Usa, il presidente si era scagliato contro le agenzie.

Se i repubblicani dovessero cedere sulla spinta delle indiscrezioni di Reid per la Casa Bianca sarà una magra consolazione.

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