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Una scelta a fianco dell'Italia

Alla fine la Ferrari ha alzato la testa, ha dimostrato di esser migliore di chi la pungolava. Ammettiamolo, l'idea di correre con il simbolo della Marina Militare è entusiasmante quanto quella proposta da migliaia d'italiani, altrettanto coraggiosa di quella difesa e sostenuta dal Giornale

Una scelta a fianco dell'Italia

E brava Ferrari. Alla fine la Rossa ha alzato la testa, ha dimostrato di esser migliore di chi la pungolava. Ammettiamolo, l'idea di correre con il simbolo della Marina Militare è entusiasmante quanto quella proposta da migliaia d'italiani, altrettanto coraggiosa di quella difesa e sostenuta dal Giornale.

Il fiocco giallo resta un simbolo importante, che continuerà a testimoniare la solidarietà del Paese, ma la bandiera militare non vale certo di meno. Per Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, due militari innocenti, due orgogliosi servitori di questo Paese era giusto trovare qualcosa di adeguato. E, da questo punto di vista, è sicuramente appropriato il simbolo della Marina Militare dipinto sulle monoposto rosse. Con quell'emblema in bella mostra la Ferrari, un'azienda privata ma simbolo d'eccellenza del nostro Paese, si schiera al fianco della Marina Militare. Con quel gagliardetto fa capire non solo al pubblico della Formula Uno, ma al mondo intero che nella nostra Marina non si nascondono assassini, militari incompetenti, o peggio, avventurieri pronti a sparare su pescatori innocenti. Quel simbolo esibito sulle monoposto rosse diventa una cambiale in bianco a garanzia di un'Arma e di tutti suoi componenti. Primi fra tutti i marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Non era una cambiale facile da firmare.

Il «circo» della Formula Uno è uno dei meccanismi più complessi, regolamentati e controllati del mondo sportivo. Un mondo retto con pugno di ferro da un Bernie Ecclestone che ne governa non solo le competizioni, ma persino l'immagine televisiva garantendo con troupe e regie sotto il suo esclusivo controllo quello che viene messo in onda sui circuiti mondiali. Davanti e dietro quel «circo» cavalcano e spingono interessi miliardari di cui Maranello non può non tener conto. Fingere di non sapere che la Ferrari per far parte di quel «circo» deve anche rispettare delle regole sarebbe ingenuo. Fingere d'ignorare che anche un banalissimo gesto di solidarietà una volta introdotto in quel circuito rischia di generare reazioni incontrollabili sarebbe ipocrita. Non comprendere che un Paese da un miliardo e passa di abitanti come l'India rappresenterà un mercato sempre più importante per il marchio del Cavallino sarebbe demenziale. Eppure nonostante queste limitazioni la Ferrari ha deciso di metter da parte le cautele imprenditoriali e ignorare i rischi di un effetto boomerang per la sue attività commerciali. Ha buttato il cuore oltre l'ostacolo e ha dato ascolto alla voce di migliaia di italiani. Si comporta, direte voi, com'è naturale si comporti un'azienda abituata a lottare sul filo dei trecento all'ora. Si muove - aggiungerà qualcuno - come un marchio consapevole che fama e celebrità non si conquistano solo con calcoli e vittorie, ma soprattutto regalando emozioni.

Ma la Ferrari fa anche qualcosa di più. Non si è assume solo la responsabilità di schierarsi dalla parte di Salvatore Girone e Massimiliano La Torre, ma decide di farlo esibendo il simbolo di un'istituzione militare del nostro Paese. Questo non è un messaggio rivolto solo al mondo, ma anche - e verrebbe da dire soprattutto - all'Italia. In un Paese dove per decenni la vague politica e culturale di una sinistra dominante insegnava a ignorare le bandiere e farsi beffe delle divise, la Ferrari mette da parte le esitazioni e decide di portare in pista un simbolo autentico e glorioso della nostra tradizione militare.

Chapeau! Onore ai nostri marò, ma anche a Maranello.

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