Guerra per l'acqua tra Etiopia ed Egitto. È l'inquietante prospettiva dopo l'annuncio del governo di Addis Abeba di voler procedere con i lavori per la realizzazione di una gigantesca diga che tratterrebbe in Etiopia gran parte delle acque del Nilo Azzurro. Ciò ridurrebbe nettamente la portata del grande fiume, con conseguenze molto serie sull'agricoltura egiziana e sudanese.
Appena sabato scorso Egitto ed Etiopia si erano accordati sulla necessità di «proseguire nelle attività di coordinamento per la questione del Nilo Azzurro, impegnando entrambe le parti a non danneggiare l'altra». L'intesa prevedeva l'istituzione di una commissione mista tra Egitto, Etiopia e Sudan per discutere del progetto etiopico (che risale al 2011), ma l'annuncio di Addis Abeba ha azzerato tutto gettando gli altri due Paesi in grande preoccupazione.
Al Cairo e a Khartoum si teme che milioni di persone rischino la fame se il progetto etiopico andrà in porto. Questo perché non solo la portata d'acqua del fiume verrebbe ridotta drasticamente per anni, ma anche una gran parte del limo - il fango del Nilo che fertilizza le terre prossime al colosso dei fiumi africani - verrebbe trattenuta dalla diga in territorio etiopico.
I numeri del progetto della Grand Ethiopian Renassaince Dam (Diga del grande rinascimento etiopico), affidato alla ditta italiana Salini Costruttori, sono impressionanti. A un costo di 4,8 miliardi di dollari è prevista la costruzione di una diga colossale estesa 1780 metri e alta 145 sul Nilo Azzurro (il braccio del fiume che nasce dal lago Tana al centro dell'Etiopia e che quando sbocca nel Nilo Bianco a Khartoum rappresenta l'85% della portata dell'intero fiume): il bacino che ne deriverà potrà contenere 63 miliardi di metri cubi d'acqua. Per riempirlo, prevedono gli esperti, saranno necessari dai tre ai cinque anni, durante i quali la portata del Nilo si ridurrà in modo importante. Questo bacino dovrebbe alimentare una centrale idroelettrica con capacità produttiva a regime doppia rispetto a quella, già gigantesca, della grande diga egiziana di Assuan: seimila megawatt, sufficiente a coprire le necessità dell'Etiopia e a esportare energia nei Paesi vicini.
Sulle preoccupazioni che si vanno diffondendo in Egitto si è gettata prontamente la Jamaa Islamiya, movimento estremista musulmano che fa capo al partito Costruzione e Sviluppo. Un comunicato paragona la decisione di Addis Abeba a «una dichiarazione di guerra» e invita tutti i partiti egiziani a far fronte comune contro il progetto. Toni che si spiegano anche con l'ostilità su base religiosa nei confronti dell'Etiopia cristiana.
Lo spettro di una guerra dell'acqua nella regione risale ai tempi della colonizzazione europea.
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