Se ora le grandi aziende ci spiegano come vivere

Diritti civili, matrimoni gay e persino un premio che vale tre volte il Nobel. Così i colossi della Silicon Valley si lanciano nella formazione della società

Il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg
Il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg

Quell'aria di libertà della Silicon Valley, quelle aziende futuristiche in cui per stimolare idee brillanti i dipendenti possono giocare a ping pong e dare del tu all'amministratore delegato (che di solito è più giovane di loro), quei pionieri di internet, dei social network, dell'innovazione informatica: loro, proprio loro, ora si sono messi a dare lezioni. Di vita, di etica, di modo di comportarsi. È forse che a un certo punto non bastano i milioni, i miliardi, la popolarità, le attestazioni di genio: vuoi anche incidere nella società, vuoi lasciare il segno. Ed è così che i miliardari della costa ovest e dell'era del web, nomi come Bill Gates, Mark Zuckerberg, Brin e Page, Jack Dorsey cofondatore di Twitter hanno cominciato a impegnarsi in settori nuovi: i diritti civili, per esempio.
Sono circa duecento le aziende (fra cui Microsoft, Google, Starbucks, Amazon, Nike, Hp, Ebay, Apple, Facebook) che si sono appellate alla Corte Suprema per chiedere la revoca della legge federale che definisce il matrimonio come unione fra uomo e donna, il Doma (Defense of marriage act) - in pratica, per ottenere il riconoscimento delle nozze gay. Non è che siano i soli, in America: lo stesso appello è stato sostenuto dalla Casa Bianca. Ora queste società hanno argomentato che, a causa del Doma sono costrette a discriminare i loro dipendenti in materia di assicurazione sanitaria e benefit, che devono violare la privacy investigando su chi sta con chi e di che sesso sia, che di fatto penalizzano le coppie gay, e che tutto ciò danneggia il loro profitto: perché il morale in ufficio cala mentre, dall'altra parte, molti talenti rischiano di non essere assunti, perché scelgono di abitare in stati dove le unioni omosessuali siano riconosciute.

Il ragionamento è semplice: se la realtà non si muove nella direzione indicata da noi, sarà un disastro sociale, economico, morale (per «discriminare», le aziende devono contraddire la loro stessa policy, guadagnata ed esibita in lunghi anni di politicamente corretto). Meg Whitman, amministratore delegato di Hp si è perfino ricreduta, da quando nel 2010 correva coi repubblicani per governare la California e si opponeva ai diritti dei gay. Potere delle casse aziendali, forse, più che della coscienza. Poi ci sono altri modi in cui i tycoon dalla faccia pulita cercano di rimodellare la realtà: il filantropo russo Yuri Milner ha creato una specie di «nobel» per scienziati all'avanguardia con il sostegno di Mark Zuckerberg e Sergey Brin (con moglie), il «Breakthrough Prize in Life Sciences». Ha già premiato una decina di studiosi di medicina e biologia, remunerandoli con tre milioni di dollari ciascuno: il triplo del Nobel.

Il Guardian si è chiesto se questo sia davvero un premio alle scoperte scientifiche, o all'«ego della Silicon Valley». Sempre Zuckerberg, con Bill Gates e Dorsey appoggia invece la campagna di Code.org per promuovere l'insegnamento della programmazione informatica nelle scuole. I calcoli dicono che nel 2020 serviranno un milione di esperti nel settore, e quindi che «i programmatori sono le nuove rockstar». Ci voleva una mente creativa, per elaborare una mitologia del genere. Zuckerberg ha spiegato: «Il nostro scopo è coinvolgere il più possibile ingegneri di talento. L'unico limite, nel sistema, è non avere abbastanza persone preparate nel settore». Quindi le rockstar del futuro si possono fare nascere, formare e soprattutto convincere: il loro sarà anche un mestiere che «può intimidire» (parola del fondatore di Dropbox), ma «poi ti prende molto», e comunque servirà moltissimo, fra pochi anni, alle aziende di cui sopra. In quest'ottica, a novembre, sempre gli stessi signori avevano proposto una riforma dell'immigrazione che consentisse a cinquantacinquemila ingegneri e programmatori stranieri con laurea negli Usa di avere il visto.

Ma proprio Obama l'ha bocciata, anche se il presidente ha nella Silicon Valley alcuni grandi sostenitori e la riforma dell'immigrazione è uno dei suoi obiettivi. Pensavano di andare sul sicuro, che il mondo non potesse andare in altra direzione: invece a volte succede, anche ai miliardari con idee geniali, che la realtà si ribelli.

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