Obama torna a sorridere. Lontano dalle telecamere del dibattito di Denver, tornato a parlare nei comizi dell'ultimo mese pre-elezioni, in pratica un tour degli stati in bilico, il presidente guarda il report pubblicato dal dipartimento del Lavoro e non può non tirare un sospiro di sollievo: la disoccupazione a settembre è scesa sotto l'8 per cento, al 7,8 per cento: solo 0,2 punti percentuali, ma una differenza enorme. Significa che la barriera psicologica dell'8 per cento (quella con la quale nessun presidente è mai stato rieletto dalla Grande depressione in poi) è stata abbattuta e si è tornati al livello del gennaio 2009, quando Obama arrivò alla Casa Bianca. Significa che più americani hanno un posto di lavoro: 114mila in più. Non solo: pure i dati di agosto sono stati rivisti al rialzo, con 86mila posti di lavoro in più rispetto alle stime.
Numeri provvidenziali, per il presidente. Dopo la delusione dell'altra sera, dopo il faccia a faccia in cui è apparso rassegnato e poco combattivo rispetto al rivale Romney caricato a mille, Obama ieri in Virginia ha detto che i dati sull'occupazione «non sono una scusa per mettere a segno punti politici», che «ancora troppe persone cercano un posto di lavoro e fanno fatica a pagare i conti» («ventitré milioni» gli ha fatto notare Romney), però crede che «il paese stia di nuovo facendo passi avanti», cioè forward, guarda caso il suo slogan elettorale. Insomma quei numeri sono un assist proprio nel momento in cui la partita cominciava a prendere una piega inaspettata e negativa, per Obama. Tanto che la loro pubblicazione a trentasei ore di distanza dal dibattito tv ha costretto il segretario al lavoro Hilda Solis a replicare ai sospetti (l'ex numero uno di Genral Electric e sostenitore di Romney Jack Welch ha parlato di «dati manipolati, distorti, cucinati dall'amministrazione Obama»): «È un insulto, siamo un servizio pubblico molto professionale». Eppure le coincidenze temporali ci sono: il mese scorso i dati (negativi) furono pubblicati dopo il discorso di Obama alla convention democratica, e quindi Barack non fu costretto a confrontarsi con quei numeri insidiosi. Ora diventano pubblici in un altro momento cruciale. A questo punto si aspetta il prossimo report: è previsto a quattro giorni dalle elezioni del 6 novembre. Due giorni prima invece, su National Geographic Channel andrà in onda il film per la tv Seal Team Six: The Raid on Osama bin Laden, che racconta appunto uno dei grandi colpi messi a segno dal presidente, cioè l'uccisione del capo di al Qaida. Anche lì, tutta casualità? Secondo il presidente del canale Owens pura strategia commerciale. Anche se ai vertici della compagnia che distribuisce la pellicola c'è uno dei grandi finanziatori del presidente, Harvey Weinstein. Obama si gode il momento. Per gli analisti può essere una ri-svolta nel guadagnare il favore degli elettori e soprattutto di quel 17 per cento che - secondo un sondaggio Associated Press e Gfk - sarebbero ancora «plasmabili». Wall Street ieri ha aperto al rialzo di fronte al dato minimo di disoccupazione dal gennaio 2009. Anche se Romney ha ribattuto che «questa non è vera ripresa», perché prima ci sono 43 mesi di «disoccupazione cronica», sopra l'8 per cento, e il dato reale sarebbe «l'11 per cento». Anche se il successo è dovuto soprattutto all'assunzione di lavoratori part-time. Anche se, come ha sostenuto più volte la Casa Bianca, quello che conta non sono i numeri ma «la traiettoria».
Però la parola «lavoro» è stata pronunciata più di una volta ogni due minuti, nel faccia a faccia dell'altra sera. Per il nuovo dibattito, il 16 ottobre, Obama sta già aggiustando il tiro: glielo chiedono tutti, nel suo staff e nel suo partito.
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