Siria, pronta a scatenarsi la tempesta della Nato

Ankara parla di "atto ostile" di Assad e chiede un vertice dell’Alleanza. Un caso simile innescò nel 1964 la guerra del Vietnam

Siria, pronta a scatenarsi  la tempesta della Nato

La guerra del Vietnam iniziò così.Il2agosto1964alcunemoto-vedettenordvietnamiteattaccaro-no­l’incrociatoreamericanoMad-doxnelgolfodelTonchinoequal-chegiornodopoil residenteame­ricano Lyndon Johnson diede il via all’intervento nel Sud-est asia­tico. Quarantotto anni dopo l’ab­battimento di un Phantom F4 tur­co davanti alla costa siriana mi­naccia di diventare la Tonchino del Mediterraneo. Il ministero de­gli Esteri turco ha denunciato ieri «lì’atto ostile» e il ministro Ahmet Davutoglu, pur ammettendo che il caccia abbattuto venerdì era in precedenza sconfinato di un chi­lometro, accusa Damasco d’aver­lo colpito quando era ormai in ac­que internazionali a 21 chilometri dalla costa. Versione fumosa visto che a quella distanza anche un missile avrebbe avuto difficoltà a raggiungerlo, ma sufficiente ad Ankara per appellarsi a quell’arti­colo 4 del Trattato dell’Alleanza Atlantica in base al quale «cia­scun alleato può chiedere consul­tazioni quando ritiene minaccia­ta la sua integrità territoriale, la sua indipendenza politica o la sua sicurezza». Una richiesta già ac­colta dalla Nato che affronterà la questione nella riunione di doma­ni a Bruxelles.

Washington, Parigi e Londra probabilmente non aspettavano altro. Per la «triplice» - già capofila della guerra a Gheddafi - la Siria è stata fino ad ora un occasione mancata. Negli ultimi mesi ci ave­vano provato tessendo risoluzio­ni Onu e prospettando interventi umanitari dietro i quali si leggeva la volontà di mettere un piede nel conflitto per poi eventualmente guidarne l’escalation. Ma a fare il cane da guardia del cortile di Bashar Assad ci aveva pensato la Russia di Putin. Una Russia decisa a mantenere in piedi un alleato che, oltre a garantirle un ruolo po­li­tico diplomatico in Medio Orien­te, le assicura l’utilizzo del porto di Tartus, ultima base russa nel Mediterraneo, e redditizie vendi­te di partite d’armi. Il Tonchino del Mediterraneo potrebbe ora di­ve­ntare la polpetta avvelenata ca­pace di sedare il mastino russo. Grazie a quel pretesto non c’è più bisogno né di convincere il Consi­glio di Sicurezza, né di trattare con Mosca e Pechino per evitare altri fastidiosi veti. Da domani anche il fantasma dell’intervento unilate­rale, così difficile da far digerire al­l’opinione pubblica occidentale, diventa un ostacolo aggirabile.

Il punto di partenza è l’articolo 4 del trattato Nato. Pur non preve­dendo, come l’articolo 5 (sollecita­to da Washington dopo l’ 11 Settem­bre) un intervento armato diretto, il punto 4 consente decisioni capa­ci di cambiare radicalmente la si­tuazione a livello diplomatico e mi­litare.

Sfruttando quell’articolo la Nato può decidere, senza bisogno d’appellarsi al Consiglio di Sicurez­za dell’Onu, di posizionare una task force al confine turco-siriano per monitorare la situazione e pre­venire altre «provocazioni» siria­ne. E può affidare a quella stessa task force il compito di preparare quei «corridoi di sicurezza» all’in­terno dei territori siriani indispen­sabili, secondo quanto sostiene da mesi Parigi, per garantire lo sfolla­mento e la sicurezza dei profughi. Queste azioni giustificherebbero il dispiegamentodiunitàd’interven­to aereo e di forze speciali, inevitabi­le premessa per un intervento in grande stile. Anche l’intervento americano in Vietnam iniziò del re­sto con poche centinaia di consi­glieri militari.

Mutatis mutandis l’indignazio­ne del ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu- secondo il qua­le «nessuno può permettersi di te­stare le capacità militari della Tur­chia » - non promette certo una pa­cifica e agevole risoluzione del ca­so. Una presenza armata della Na­to lungo una frontiera dove l’eserci­to siriano cerca di prevenire l’infil­trazione dei ribelli armati e finan­ziati da Arabia Saudita, Qatar e dal­la stessa Turchia è una garanzia quasi certa di escalation.

Per capir­lo bastano le notizie dei sanguinosi scontri verificatisi ieri quando i mi­litari di Damasco hanno attaccato alcune unità ribelli in movimento lungo quel confine. Un confine che minaccia da domani di diventare il nuovo fronte di tutta l’Alleanza At­lantica. Italia compresa.

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