La Spagna dei tagli abolisce l’assistenza medica ai clandestini

Proteste di piazza per il provvedimento che straccia le tessere sanitarie degli immigrati irregolari. Ma sei regioni si ribellano. "È razzismo"

La Spagna dei tagli abolisce l’assistenza medica ai clandestini

Lo scontro ricorda il braccio di ferro che qualche anno fa oppose in Parlamento la Lega Nord allo schieramento politico di centrosinistra (e che si chiuse con un emendamento in cui ai medici italiani veniva data la possibilità - e rimosso il divieto - di denunciare i clandestini che chiedevano di essere curati). Ora anche la Spagna in piena crisi economica si spinge persino oltre. Da domenica un provvedimento del governo conservatore di Madrid abolisce l’assistenza sanitaria gratuita per oltre 910mila clandestini, che non versano contributi alla previdenza sociale. Tessere sanitarie ritirate, insomma, agli irregolari e niente più accesso al medico curante. Gli stranieri avranno solamente diritto a essere assistiti nelle urgenze ospedaliere, e saranno garantite le prestazioni a donne in gravidanza, minori di 18 anni e ammalati di Aids o di patologie contagiose. L’obiettivo? Limitare il cosiddetto “turismo sanitario”, in base al quale - secondo le stime del ministero della Sanità, almeno la metà del milione di stranieri iscritti all’assistenza sanitaria dal 2002 non risiede in Spagna - per tagliare 1,5 miliardi nell’anno.

Dopo aver introdotto i ticket per i farmaci (10% per i pensionati e 60% per i redditi superiori ai 100mila euro annui), dopo l’aumento dell’Iva dal 18% al 21% (scattato anche questo ieri), la misura che piomba sugli immigrati irregolari ha già scatenato le prime proteste di piazza. Al grifo di «No son recortes, es xenofobia» (Non sono tagli, è xenofobia) e “Ningun ser humano es ilegal” (Nessun essere umano è un clandestino), alcune centinaia di persone hanno manifestato domenica davanti all’ospedale madrileno “Gregorio Maranon”, uno dei principali della capitale. E analoghe mobilitazioni sono state registrate in numerose città spagnole, da Valencia a Burgos da Lanzarote a Las Palmas de Gran Canaria. Convocata dalla Rete per “il diritto ad avere diritto”, che riunisce una trentina di organizzazioni della società civile, associazioni di immigrati e rifugiati e di difesa dei diritti umani, la protesta a Madrid è culminata con un grande cordone umano che ha circondato il complesso ospedaliero.

L’obiettivo è la revoca del decreto approvato ad aprile dal governo conservatore presieduto da Mariano Rajoy, nell’ambito delle misure urgenti con le quali il ministero al ramo prevede di risparmiare 7 miliardi di euro, per centrare l’obiettivo del deficit imposto da Bruxelles.

Ad opporsi al provvedimento si sono unite anche sei regioni, fra le quali la Catalogna e la Galizia, quest’ultima governata dal Partito Popolare: tutte continueranno a erogare l’assistenza ordinaria ai “sin papeles”. Il Paese Basco, le Asturie e l’Andalusia faranno fronte alle spese sanitarie. La Catalogna rilascerà una tessera sanitaria specifica, che garantirà l’accesso ai servizi medici a tutti gli stranieri che dimostreranno entrate inferiori ai 600 euro mensili, il reddito minimo sociale, e di essere da almeno tre mesi residenti nella regione.

La Galizia darà sei mesi di tempo agli immigrati, a partire da oggi, perché dimostrino la mancanza di risorse e la residenza nella regione. Altre autonomie, come Murcia, continueranno a erogare assistenza, ma invieranno le fatture ai Paesi d’origine degli immigrati cittadini di Stati che non abbiano accordi di reciprocità con lo Stato spagnolo.

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