Qualcosa finalmente si muove. I primi incontri alla Casa Bianca tra il presidente Barack Obama e i rappresentanti del partito repubblicano hanno evidenziato ieri sera un'iniziale disponibilità al compromesso che era del resto nell'ordine delle cose: la sostanziale freddezza mantenuta per giorni dai mercati a fronte dell'enormità del rischio di un potenziale default testimonia la diffusa consapevolezza che a Washington nessuno è tanto pazzo da spingere un aspro confronto politico fino a conseguenze estreme e sicuramente catastrofiche. Altrettanto certo, però, è che le due parti continueranno a battagliare ancora per un po', cercando di ottenere anche con un linguaggio duro per la propria causa il più possibile nel quadro di un imminente inevitabile compromesso.
In quest'ottica vanno lette le dichiarazioni di apertura fatte ieri dallo speaker repubblicano John Boehner e la replica possibilista di Obama. Entrambe contengono elementi funzionali al conseguimento di interessi politici di parte ma anche il germe di una pragmatica disponibilità al compromesso. In pratica, Boehner ha offerto una dilazione temporale di quattro-sei settimane da utilizzare per aprire un vero tavolo negoziale sulle proposte repubblicane: un do ut des fondato sulla disponibilità a un aumento di breve termine (sei settimane al massimo, appunto) del limite di indebitamento attualmente fissato a giovedì prossimo. Da parte sua, Obama ha concesso che l'offerta portata da Boehner sia «un gesto incoraggiante», a patto che non vengano poste condizioni dai repubblicani. Il portavoce della Casa Bianca Jay Carney ha ulteriormente raffreddato gli (eventuali) entusiasmi, chiarendo che il testo della proposta repubblicana «non è stato ancora visto». Ma la sola notizia della sua presentazione è bastata a spingere verso l'alto gli indici di Borsa.
Non è tutto. Mentre Boehner ha accompagnato la sua proposta con parole suadenti, parlando di «sforzo in buona fede» e sostenendo che «finora abbiamo tentato di parlare con i democratici, ma loro non vogliono discutere», la Casa Bianca, alla vigilia degli incontri di ieri sera, ha ribadito parola per parola la rigida posizione democratica rispetto all'offensiva repubblicana che ha condotto all'attuale forzosa serrata delle attività federali «non indispensabili»: il presidente «non intende pagare alcun riscatto alla destra»; «siamo convinti che gli americani e la nostra economia non debbano essere puniti e danneggiati per colpa degli estremisti del Tea Party»; «siamo felici di vedere che tra i repubblicani comincino a prevalere teste meno calde», ma «sarebbe molto meglio per l'economia se noi fermassimo qui questa politica del rischio calcolato». E alla fine di tutto questo, il vero messaggio di risposta alla controparte repubblicana: le proposte di Boehner potranno essere prese in considerazione solo se prima il Grand Old Party voterà in modo coerente ponendo fine allo shutdown (peccato che questo nella propsota di Boehner non ci sia). Nelle parole di Carney: «sia chiaro che non c'è alcuno scambio possibile tra innalzamento del debito e continuare a danneggiare gli americani e la nostra economia».
Non mancano, infine, indiscrezioni su presunte «trappole» piazzate dai repubblicani nella loro proposta allo scopo di vincolare l'amministrazione Obama a trattare sempre con loro qualsiasi modifica del tetto del debito.
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