I tunisini la chiamano soltanto la «Avenue». È avenue Bourguiba: cuore della capitale, teatro della rivoluzione del 2011. Da qui, da un palco montato in un sabato pomeriggio di meno di due settimane fa, Rachid Ghannouchi, leader del partito islamista al governo, aveva gridato a migliaia di sostenitori: «Ennahda non lascerà mai il potere finché avrà la legittimità delle urne». Ieri, il leader ha fatto invece un passo indietro: nel nuovo governo in costruzione il suo partito - ha detto - rinuncia a ministeri chiavi: Interno, Esteri, Giustizia e Difesa (quest'ultimo dicastero finora già appaltato a un esterno). Le sue parole potrebbero sbloccare la crisi politica innescata dall'uccisione, il 6 febbraio, di un politico dell'opposizione, il rumoroso critico del governo islamista, Chokri Belaid.
Nelle pericolose ore che hanno seguito l'omicidio, con il Paese a un passo dal caos, l'allora premier, il pragmatico Hamadi Jebali, membro di Ennahda, ha proposto la formazione di un governo tecnico. Con il suo piano, Jebali voleva portare il Paese al voto il prima possibile attraverso un esecutivo di tecnocrati capaci di distanziarsi dalle faide politiche che da mesi bloccano la transizione. L'ex premier ha trovato però l'opposizione del suo stesso partito. Dopo giorni di consultazioni fallite, Jebali ha dato le dimissioni il 19 febbraio. Il nuovo primo ministro, sempre un islamista ed ex responsabile dell'Interno, Ali Larayedh, avrà tempo fino all'8 marzo per formare un esecutivo che, ha promesso, sarà «di tutti i tunisini»: un governo di larghe intese. Ed è quello che ha fatto intendere ieri anche il suo leader Ghannouchi che, in una delle prime concessioni del laboratorio islamista tunisino alle pressione dell'opposizione, ha parlato di un governo formato da «cinque, sei partiti», e ha confermato che ministeri chiave andranno a figure indipendenti.
Il passo indietro islamista potrebbe stemperare le tensioni che da mesi attraversano la Tunisia. L'opposizione accusa Ennahda - al governo da ottobre 2011 in coalizione con due partiti laici - di non aver saputo e voluto arginare le violenze politiche e a sfondo religioso che hanno colpito sedi di partiti, politici, artisti. Martedì, il neo premier ha fatto sapere che le autorità hanno portato a termine arresti e che esiste un sospetto per la morte di Belaid. Apparterrebbe a gruppi estremisti religiosi, ha detto, facendo intendere che elementi salafiti - corrente ultra conservatrice dell'islam - già dietro l'attacco dell'ambasciata americana a Tunisi il 14 settembre, potrebbero essere coinvolti.
Seduta nella cameretta dei suoi figli, tra cartelle e astucci colorati, Basma Belaid, moglie del politico ucciso, aveva spiegato due settimane fa al Giornale di ritenere Ennahda
responsabile politico per la morte del marito, per «non aver saputo proteggerlo». Ora, Basma ha dichiarato ai giornalisti che è bene sapere chi ha premuto il grilletto, ma meglio sarebbe scoprire chi ha organizzato il crimine.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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