Ue, è stallo nel Risiko delle nomine

La Merkel insiste per Juncker alla guida della Commissione. Cameron prova a opporre il veto. Renzi punta a incassare un portafoglio pesante per l’Italia

Jean Claude Juncker
Jean Claude Juncker

Il conto alla rovescia verso il vertice dei Capi di Stato e di governo della prossima settimana è ormai scattato e i leader europei cercano di venire a capo dell’intricato rebus delle nomine per Commissione e Consiglio. Matteo Renzi prova a ritagliarsi un ruolo da protagonista. Per rivendicare un suo ruolo e provare a orientare il verdetto, il permier italiano si è consultato telefonicamente con il primo ministro britannico David Cameron e con il presidente del Consiglio uscente della Ue Herman Van Rompuy.

In realtà a corsa del lussemburghese Jean Claude Juncker verso la poltrona attualmente occupata da Josè Manuel Barroso appare in discesa e l’ipotesi del rinvio per un supplemento di riflessione declinante. Van Rompuy, l’uomo che dovrà gestire le operazioni, orchestrare le consultazioni e rispettare le corrette procedure (il 27 giugno potrebbe ufficializzare la proposta), si è convinto che non c’è una alternativa praticabile che possa superare lo scoglio del voto parlamentare. In questo quadro si comprende l’accelerazione del fronte socialista e di alcuni governi per inserire nel programma del neo-presidente chiari elementi a favore di una maggiore flessibilità del patto di stabilità. Per Renzi l’obiettivo è anche quello di muovere le pedine in modo da riuscire ad affrontare insieme tutto il pacchetto delle nomine, che sono in tutto 6: presidenza della Commissione Ue, del Consiglio europeo, del Parlamento Ue, del gruppo del Pse, l’Alto Rappresentante per la Politica Estera e la scelta del portafoglio per il commissario italiano (secondo alcune voci l’Italia punterebbe al Commercio). Ma se non si sblocca subito il primo tassello si allungano i tempi delle trattative anche sul resto.

Sul nome di Juncker - e sulla sua immagine di esponente filo-europeista e filo-rigorista - si appuntano le perplessità di molti leader continentali, David Cameron in testa. Rinunciare alla sua designazione - considerato che pur in un meccanismo piuttosto oscuro la scelta è avvenuta attraverso una forma di suffragio universale, nel voto del 25 maggio - non sarà facile. L’ago della bilancia è rappresentato da Angela Merkel. Se ci sarà un accordo il via libera potrebbe arrivate nel Consiglio europeo del 25 e 26 giugno. Altrimenti la designazione potrebbe essere rinviata a una cena informale da convocare nella prima metà di luglio. Londra si starebbe, comunque, preparando a incassare una sempre più probabile sconfitta nella battaglia per la presidenza della Commissione europea. Cameron sa che le possibilità di spuntarla sono in calo ed è consapevole di essersi esposto più di altri per fermare la corsa di Juncker. La partita si è trasformata in un braccio di ferro tra Londra e Berlino, da dove la cancelliera tedesca Angela Merkel continua a sostenere Juncker, candidato del Partito Popolare Europeo.

Naturalmente oltre alla Commissione bisogna ragionare anche sul Consiglio europeo. E in questo senso molte perplessità (e qualche sospetto) ha generato la candidatura, raccontata su diversi giornali come frutto di una volontà congiunta di Ppe e Pse, di Enrico Letta. Una «soluzione ideale», secondo la versione veicolata dai media per succedere a Herman Van Rompuy alla presidenza del Consiglio Europeo, una posizione in cui si è chiamati a svolgere uan costante mediazione tra le 28 capitali d’Europa. E chi meglio di Letta, con la sua identità di moderato cattolico del Pd, per costruire un ponte tra popolari e socialisti? Tra i renziani questa notizia è stata letta come un tentativo, tutto costruito in Italia, per esercitare pressione sul premier. Tanto più che tutto è stato raccontato attraverso una anonima fonte del Ppe, dettagliando questa ipotesi di candidatura come frutto di un incontro tra le due famiglie europee, incontro che in realtà non si è mai svolto.

Un ballon d’essai sfuggito di mano che è stato definitivamente affossato dalle parole dello stesso Letta, intervenuto per smentire una sua candidatura e ricordare che finché Mario Draghi sarà alla Bce non ci sarà spazio per nessun altro italiano in posti comunitari di primo livello.

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