Cominciano a diventare seriamente imbarazzanti per Barack Obama le rivelazioni della stampa britannica e americana sulle intercettazioni. Ieri il presidente ha cercato di parare i colpi ed è intervenuto sostenendo che si sia trattato di una «modesta invasione della privacy: nessuno ascolta le telefonate degli americani». Obama ha criticato la fuga di notizie e ha assicurato che si tratta di un programma «non segreto, ma riservato», «legale e limitato» e rispettoso della Costituzione.
Lo scandalo però si allarga: il Washington Post rivela che il Grande Fratello della Casa Bianca non si limitava a sorvegliare indiscriminatamente le telefonate di tutti i 121 milioni di utenti americani della grande compagnia Verizon, ma estendeva il controllo ad altre due (AT&T e Sprint, che praticamente coprono il resto del mercato Usa fisso e mobile), a internet e alle carte di credito. I server di ben nove grandi compagnie - colossi quali Microsoft, Yahoo, Youtube, Apple, Skype, Google, Facebook, PalTalk e Aol - sarebbero diventati territori di caccia di Prism, il programma di sorveglianza elettronica messo a punto dall'intelligence Usa partendo dai piani lanciati dall'ex presidente George W. Bush dopo l'11 settembre 2001. In più la National Security Agency raccoglierebbe anche tutti i dati relativi agli acquisti compiuti con le carte di credito, potendo accedere a tutte le informazioni in mano alle banche e alle società emittenti. non basta: anche gli 007 britannici, inoltre, hanno accesso alle informazioni Usa.
Ce n'è abbastanza per provocare uno choc tra quanti, specialmente nella sinistra liberal americana, hanno sostenuto Obama come eroe dei diritti civili e fiero oppositore delle politiche «liberticide» del suo predecessore repubblicano. Sia in campo democratico che nella stampa liberal si registrano prese di posizione critiche quando non indignate verso il presidente. Il New York Times riconosce la legalità dell'operazione ma parla di «ripudio dei principi costituzionali» e sostiene nell'editoriale che Obama «ha perso ogni credibilità», salvo poi correggersi in un singolare tardivo ripensamento aggiungendo «su questo argomento». Lo Huffington Post, testata online liberal, ironizza sull'involuzione del presidente democratico chiamandolo beffardamente George W. Obama e pubblicando un ritratto che fonde i lineamenti dei due leader.
Nel mondo politico si verifica una situazione paradossale: la parte più radicale dei democratici si smarca dal sostegno bipartisan alla Casa Bianca in imbarazzo e contesta le scelte del suo presidente, mentre sono i vecchi compagni d'arme di Bush a prendere le sue difese. «Francamente mi sarei aspettato di meglio da questa amministrazione» polemizza il deputato democratico Peter DeFazio, mentre il suo collega Elijah Cummings invita il presidente «ad andarsi a rileggere i suoi stessi discorsi contro Bush della campagna elettorale del 2008». Invece Karl Rove, lo storico consigliere di George W., difende la decisione obamiana di procedere a «un'enorme raccolta di dati essenziali nella lotta al terrorismo» e sostiene che se questo fosse stato fatto a suo tempo si sarebbero evitati l'11 Settembre e l'attentato di Boston.
Mentre le rivelazioni si moltiplicano, non è solo Obama a trovarsi in difficoltà. Anche per i colossi tirati in ballo dalle nuove notizie ci sono grosse preoccupazioni legate alla garanzia di privacy per i loro utenti.
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