La paura, anzi il terrore lo vedi stampato negli occhi spaventati della ragazza che è stata scelta tra cento per fare la preghiera. È la tragedia della prigionia raccontata in un volto e ripresa da una telecamera. Tutto fatto ad hoc. Riprese fatte per spaventare, per gridare all'Occidente il loro potere prepotente. Il video usato come arma. La più efficace per sconvolgere gli spettatori dell'Occidente. Quel video diffuso dai Boko Haram ha già monopolizzato i siti di news di tutto il mondo, è già diventato il simbolo di una tragedia.
È il potere delle immagini, lo sa bene Abubakar Shekau, il leader del gruppo estremista nigeriano, come lo sapeva Al Qaida, che delle immagini ne ha sempre compreso la forza. Tornano alla mente le espressioni di dolore e di smarrimento dei tanti ostaggi giustiziati davanti a una telecamera e fatti puntualmente vedere nel mondo. Torna in mente il volto smunto e senza speranza di Daniel Pearl, il reporter del Wall Street Journal rapito in Pakistan e brutalmente ucciso dai suoi carcerieri. Ovviamente in diretta. Restano scolpite quelle facce sconvolte e pietose, che pregano, che implorano di non morire. Come a Nairobi, quando il gruppo estremista islamico al-Shebab ha assaltato il centro commerciale Westgate e tenuto in ostaggio le vititme per giorni. Massacri meticolosamente messi a punto con l'obiettivo di attirare il massimo di attenzione. Tutte foto costruite apposta per parlare a noi, a un pubblico occidentale.
Oggi i Boko Haram stanno avendo l'effetto sperato: l'attenzione è ai massimi livelli. Anche Michelle e Barack Obama si sono mobilitati per le ragazze, i leader europei gli hanno fatto eco. I terroristi sanno usare benissimo l'attenzione a loro vantaggio. «Dite che queste ragazze sono tenute prigioniere, invece le abbiamo liberate: sono diventate musulmane», afferma nel video il leader dei terroristi, Abubakar Shekau.
Occhi bassi e sguardo vuoto, solo il volto è scoperto. Il resto è nascosto da un lungo velo come vuole l'islam radicale. Attorno le compagne in silenzio. Tutte come lei coperte da un lungo velo, scalze, tutte con lo stesso sguardo negli occhi di rassegnata disperazione. Costrette e minacciate, perse. Disperate. «L'educazione occidentale è proibita» è questo il significato di Boko Haram, anche se il vero nome del gruppo è «Jama'atu Ahlis Sunna Lidda'awati wal-Jihad», che in arabo sta per «Popolo impegnato nella diffusione degli insegnamenti del Profeta e della Guerra santa». Il leader parla nella lingua hausa, usata nel nord della Nigeria, indossa un'uniforme militare e tiene tra le braccia un fucile d'assalto.
Nel video troneggia il simbolo di Boko Haram, il Corano appoggiato su due fucili d'assalto incrociati con sotto una bandiera nera del jihad. Lo stesso copione usato per i filmati degli estremisti. Sono le prime riprese delle studentesse da quando quel 14 aprile sono state sequestrate.
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