Estetica e fede Il Vaticano: basta jeans strappati, tatuaggi e tv spazzatura

Roma Basta con la tv spazzatura, con l’esibizione di tatuaggi e piercing, con il turpiloquio divenuto ormai d’abitudine per cercare di alzare gli ascolti. Basta con i jeans strappati e i costosi abiti da clochard. Tutti elementi preoccupanti secondo il Vaticano, che ravvisa in tutto questo uno dei segnali del venir meno di un’estetica sorella dell’etica e di un «bello» che tenda anche al «bene».
Lo ha detto ieri il professor Vitaliano Tiberia, presidente della Pontificia accademia di Belle arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon, una delle sette accademie preposte dalla Santa Sede all’arte e alla cultura, fondata nel 1542. Tiberia è intervenuto alla tredicesima seduta comune delle accademie, dedicata al tema dell’«universalità della bellezza».
Un tema che, com’è noto, sta particolarmente a cuore al Papa, che non manca un’occasione per sottolineare l’elemento della bellezza come essenziale per l’esperienza cristiana. «È necessario saper comunicare con il linguaggio delle immagini e dei simboli - ha scritto infatti Benedetto XVI in un messaggio inviato all’incontro e letto dal Segretario di Stato vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone - e la nostra missione quotidiana deve diventare eloquente trasparenza della bellezza dell’amore di Dio per raggiungere efficacemente i nostri contemporanei, spesso distratti e assorbiti da un clima culturale non sempre propenso ad accogliere una bellezza in piena armonia con la verità e la bontà, ma pur sempre desiderosi e nostalgici di una bellezza autentica, non superficiale ed effimera».
I giovani non devono perciò fermarsi a «una ricerca dell’effimero e del banale, una fuga verso paradisi artificiali, che mascherano e nascondono il vuoto e l’inconsistenza interiore», e la bellezza non può essere disgiunta «dall’umana ricerca della verità e della bontà». Concetti che erano stati già esposti in apertura dei lavori dal presidente del Pontificio consiglio per la Cultura, l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, che aveva anche sottolineato come nella versione ebraica dell’Antico testamento le parole «bene» e «bello» siano identiche, sottolineando dunque il legame profondo tra estetica ed etica.
Il presidente dell’Accademia pontificia delle Belle arti, prendendo la parola ha cercato di tradurre in maniera molto più esplicita queste idee, riferendole ai simboli estetici oggi più diffusi, che invadono i nostri teleschermi. «Il dilagare della “spazzatura” televisiva - ha detto - il successo del rap nella musica hanno confermato la difficoltà di un’interpretazione oggettivamente qualitativa del dato estetico».
«Sul piano della corporeità individuale manipolata, tatuaggi e piercing sono esteriorità senza riferimenti rituali, mentre il turpiloquio - ha aggiunto il professor Tiberia - è linguaggio corrente e non riflesso di alterazione emotiva, nei mass media e fra i più giovani».
Il presidente se l’è presa pure con «il minimalismo (non nei costi) e la trasandatezza dell’abbigliamento fino al clochardismo», vale a dire al vestirsi da finti barboni, citando in particolare « l’ostentazione da parte di alcuni divi dello spettacolo dei jeans strappati. Fatti questi - sostiene Tiberia - che hanno contribuito a rendere problematica una nuova e soddisfacente definizione di un’estetica che superasse precedenti teorizzazioni ritenute sovrastrutturali».


Si tratta, a detta dell’accademico vaticano, di preoccupanti segnali del venir meno di un senso del bello, di un’estetica amica dell’etica. Anche se ovviamente non tutti gli esempi citati possono essere messi sullo stesso piano.

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