Una brutta storia di estorsioni tra stranieri. Lhanno risolta gli investigatori della sesta sezione della squadra mobile con larresto di due operai egiziani, cugini, entrambi regolari e senza alcun precedente a proprio carico. Peraltro anche conoscenti (perché nati e provenienti dalla stessa località) delluomo a cui avevano sottratto, per ricattarlo, materiale e macchinari di lavoro.
Lui è un giovane imprenditore edile di 34 anni che, con gli operai della sua ditta, monta parquet nelle abitazioni. A dicembre gli vengono rubati macchinari e materiale da un cantiere. Apparecchiature importanti e costose - come un «prezioso» macchinario per la levigatura dei pavimenti in legno - senza le quali luomo ha difficoltà ad andare avanti con i lavori che gli sono stati commissionati nel frattempo. Apparecchiature che è costretto a farsi prestare da altri colleghi e che non sempre possono essere a sua disposizione.
Ai disagi del lavoro si aggiungono grossi pensieri quando arriva una telefonata nella quale due uomini che limprenditore egiziano conosce dalla nascita - uno di 47 anni e il cugino quarantatreenne, anche loro egiziani - gli comunicano che il materiale e i macchinari sono in loro possesso. «Te li restituiremo soltanto se ci dai 3mila euro».
Limprenditore si rivolge allora alla polizia. Che, ascoltata la sua storia, decide di farlo andare allappuntamento con i suoi estorsori con un microfono. Ed è proprio così, «microfonato» , che luomo si presenta allappuntamento . In piazzale Maciachini, dovè previsto lincontro, dei due estorsori ne arriva però uno solo, il più giovane. E si presenta a mani vuote. Limprenditore gli consegna, così, 2.500 euro (tutte banconote «segnate») mentre laltro gli chiede di aspettarlo lì, promettendo di riportargli subito il materiale. «Temevamo il pacco e labbiamo seguito - spiegano gli investigatori -.
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