Eto'o, il campione che ha vinto tutto quello che poteva

Il camerunense è al 17° trofeo in carriera (due in più di Zanetti): "«L’esultanza? Un segreto tra me e Matrix"

Dieci anni fa la sua prima finale, sempre contro suoi «fratelli» africani (la Nigeria). Ieri il 17° trofeo della sua carriera (due in più di capitan Zanetti), nel giorno in cui il suo continente ha scelto il ghanese Asamoah Gyan come giocatore dell’anno. È alla soglia dei trent’anni, Samuel Eto’o, ma la voglia di vincere e l’abilità di far gol è ancora quella dei tempi del Maiorca, il club che all’inizio del nuovo secolo lo ha reso uno degli attaccanti più forti del mondo.
L’uomo decisivo delle gare decisive, è stato ribattezzato. E contro i congolesi del Mazembe, puntuale è arrivata anche la sua zampata. Quella della tranquillità, visto che il 2-0 dopo 17 minuti ha messo in discesa una finale il cui esito per la verità non è stato mai in discussione: retropassaggio di Zanetti, successivo liscio in area di Pandev e gran destro dal limite dell’area, spedito nell’angolino alla destra di Kidiaba. Il festeggiamento è stato quello originale e ancora segreto: esultanza con due buste di plastica con le bottigliette d’acqua nelle mani del camerunense dopo l’abbraccio con l’amico Materazzi. «Alla vigilia della partita, Marco mi aveva detto che dopo il gol, sarei dovuto andare da lui ed esultare in quel modo - ha raccontato dopo il match l’attaccante camerunense -. Ma non vi dirò mai che tipo di festeggiamento è, è un segreto tra me e lui». In realtà, sarebbe un’imitazione dell’esultanza di Lino Banfi-Oronzo Canà nel film «L’allenatore nel pallone».
Per Eto’o è la 19ª rete stagionale in 23 partite, una media impressionante se si pensa che nella prima annata interista, con il doppio delle partite giocate, si era fermato a quota 16. Ma non dimentichiamo che nell’era Mourinho si era adattato a fare anche il terzino, dimostrando grande spirito di sacrificio e di squadra.
Per colpa dell’Atletico Madrid nella serata infausta di Montecarlo del 27 agosto scorso, non ha potuto festeggiare un record quasi ineguagliabile: l’en plein con l’Inter. Si è fermato a cinque trofei, dopo i 3 con il Barcellona, club che poi, anche senza di lui, era riuscito a fare filotto. Ma poco importa, ieri Samuel era il ritratto della felicità. È il massimo chiudere il 2010 con una rete che serve a conquistare un’altra Coppa che mancava dalla bacheca dell’Inter da 45 anni.
«Abbiamo avuto sempre lo spirito giusto, spero che lo ritroveremo anche in campionato - ha aggiunto Eto’o -. Mi auguro che potremo vincere ancora lo scudetto, per ora il Milan sta facendo benissimo e noi abbiamo molti punti di distacco, ma tutto è ancora possibile». Come ricordavamo prima, dieci anni fa giocò la sua prima finale con un’africana. Ieri ne ha giocata un’altra e Samuel è orgoglioso della crescita delle squadre del suo continente.

«Sono contento che il Mazembe abbia conquistato la finale e sia arrivato a questo livello, ciò dimostra che le qualità dei club africani è in crescita». I complimenti degli ex ct azzurri Sacchi e Trapattoni lo fanno quasi arrossire. Perchè uno degli attaccanti più vincenti degli ultimi anni sa ancora emozionarsi.

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