Gli eurofaraoni che comandano a Bruxelles

Caro Granzotto, leggo in ritardo (ero in viaggio) il suo commento/risposta sul vertice europeo di Bruxelles. Non è la prima volta che dissento sulla sua idea di Europa. Anche questa volta, in cui ha raggiunto il limite inaspettato di «euro ostilità», non riuscirà a scalfire la mia stima per lei. Ma proprio per questo motivo mi deve permettere di essere un po’ meno diplomatico e più terra terra. Lei non è critico sul «come» si vuole realizzare l’Europa unita. Lei non vuole un’Europa unita! Non capisco come possa arrivare a una tale posizione in quanto in totale contraddizione con il suo bagaglio culturale-storico-sociale-filosofico: ci pensi bene e mi permetta di dirle anche «ci rifletta meglio, con più serenità». Lei non può confondere e amalgamare in un unico crogiuolo gli eventuali ed eclatanti errori (quasi sempre per cecità falsamente nazionalistica) che i singoli Stati membri commettono e che altri Stati membri supinamente approvano, con l’idea di Europa unita. Un’Europa unita, oggi, è una necessità imperativa e inderogabile, per motivi culturali, economici, geografici, politici e religiosi: pena la sparizione dei singoli Stati europei! «Assediati» da Cina, India e Islam. L’Europa unita si rivela in conseguenza essere più nazionalista di quelle nazioni che pensano di praticare una politica nazionalistica, difende più le diversità di ciascuno Stato che lo Stato stesso: l’unione fa la forza! Senta cosa ha detto recentemente Nickolas Burns, n° 3 del Dipartimento di Stato davanti all’Atlantic Council di Washington: «La politica degli Usa rispetto all’Europa non porta più sull’Europa ma sul resto del mondo! L’Europa oramai è completa, libera e in pace ma non è più l’epicentro della riflessione strategica americana». Cos’è per lei questa, una buona o una cattiva notizia?


Grazie per la stima che ancora e nonostante tutto mi accorda, caro Rossetto. Ma non cambio idea. Non sono contro l’Europa unita, ma contro l’Europa omologata e, peggio che mai, assemblata in un blocco costituzionale e politico. Con un pugno di eurofaraoni che governano quasi mezzo miliardo di sudditi. Eurofaraoni che dovrebbero interpretare, armonizzandoli, gli interessi dell’Italia e di Malta, del Portogallo e della Bulgaria, dell’Inghilterra e della Slovacchia, di Cipro e della Lituania. Eurofaraoni nominati direttamente o indirettamente da un corpo elettorale che parla 24 diversi idiomi. Ma si può? E si può ambire a ciò solo per una questione di muscoli, per «contare»? Mi va benissimo quando l’Europa unita alza severe barriere doganali per difendere la propria agricoltura. Mi va benissimo poter andare a Parigi o a Madrid senza passar dogana. Mi va benissimo anche la così detta Europa dei banchieri.

Quando il danaro circola, è festa per tutti. Ma l’Europa prodiana, la «patria comune», il governo comune, le leggi comuni, i valori comuni (inventariati da chi? Dal belga Louis Michel?), insomma, la coventrizzazione delle identità nazionali, no. No e poi no.

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