Diciannove ore di trattative, poi - quando sono ormai arrivate le tre di notte - viene finalmente siglato l’accordo all’unanimità per finanziare l’Ucraina. Il Consiglio europeo decide a sorpresa di accantonare l’ipotesi dell’uso degli asset russi congelati e sceglie invece la strada del semplice e tradizionale prestito. Che ammonta a 90 miliardi per il biennio 2026-2027. Un prestito a tasso zero e garantito dal Bilancio europeo. E quindi finanziato con debito comune.
Una sconfitta politica gigantesca per la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen (messa all’angolo anche sul Mercosur) e per il cancelliere tedesco Friedrich Merz. Tutti e due avevano molto insistito - ancora giovedì a vertice in corso - per utilizzare le risorse dei beni immobilizzati di Mosca e per evitare il ricorso al debito comune e, dunque, l’emissione di nuovi eurobond. Quello approvato a Bruxelles, infatti, è un prestito finanziato sul mercato dei capitali con la garanzia del Qfp, il bilancio pluriennale comunitario.
Per ottenere questo risultato sarebbe stata necessaria l’unanimità. E qui si inserisce una formula che potrà rappresentare un precedente utile a sbloccare altri dossier complessi, superando il potere di veto dei singoli Stati come auspicato più volte da Mario Draghi.
Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca, i Paesi che di fatto avevano in mano la possibilità di bloccare l’intera operazione, hanno infatti votato l’accordo a fronte di una “via d’uscita” concordata, cioè la possibilità di non partecipare al prestito per Kiev.