
Una coalizione di una trentina di Ong, con in testa Open Arms, ha diramato un comunicato stampa in cui, in estrema sintesi, cerca di dettare all'Unione europea la propria agenda politica in materia di immigrazione. In un periodo storico in cui, per esigenze sociali e di sicurezza, gli Stati europei chiedono maggiore controllo sui confini e invocano politiche unite per la gestione dei rimpatri e delle espulsioni di soggetti che non hanno diritto di rimanere in Europa, le Ong vanno in direzione opposta e chiedono che sia l'Europa ad andare a prendere in mare i migranti. Ovviamente, immancabile, un attacco alle politiche italiane nel lungo comunicato diffuso questa mattina.
Lamentano che la cosiddetta "strategia delle piccole barche" non funziona più e tra le righe ammettono di averla attuata quando le grandi navi subivano i fermi e, data la possibilità di navigare a lungo, venivano mandate in porti più a nord per sgravare i porti e le città del sud dagli arrivi in massa dei migranti. Oggi le chiamano barche di "monitoraggio", una nuova nomenclatura per celare la vera natura di barche da soccorso di piccole dimensioni ma a elevata velocità, che da due anni effettuano il lavoro delle grandi navi, con il vantaggio che hanno sempre ottenuto porti in Sicilia e a Lampedusa. Questo si traduce in un costo operativo inferiore e in tempi più rapidi.
Si lamentano anche del fatto che "le Ong sono inoltre costrette a spendere una gran quantità di tempo e risorse per contestare la restrittiva legislazione italiana e i fermi amministrativi arbitrariamente imposti", dove arbitrariamente indica la legge italiana. Ancora una volta si rifanno al diritto internazionale, che però non contempla il recupero di imbarcazioni instabili e sovraccariche nell'ordinarietà del soccorso in mare, quelle imbarcazioni che vengono messe in mare nella speranza che vangano recuperate. È fatta per gli eventi accidentali che possono succedere in mare. È evidente che le Ong sfruttino le maglie larghe della normativa internazionale.
In questo lungo comunicato, in cui pretendono di fare la lezione sul diritto del mare, le Ong poi concludono chiedendo che "i decreti Piantedosi e Flussi siano immediatamente abrogati", che "l'imbarcazione di monitoraggio 'Nadir' sia immediatamente rilasciata e che siano definitivamente rimossi gli ostacoli e le pratiche di criminalizzazione". E ancora, sostengono che "le autorità dovrebbero fornire a tutte le imbarcazioni Sar il supporto necessario nelle operazioni di soccorso e assumersi la responsabilità e il coordinamento delle attività di salvataggio", che è quello che fa da sempre l'Italia nel Mediterraneo.
Quindi, vogliono che "sia istituita una missione di ricerca e soccorso finanziata e coordinata dall'Ue" e che "siano garantite vie di accesso sicure e legali verso l'Europa". Questo comunicato arriva dopo l'insediamento della presidenza del Consiglio Ue danese, che ha annunciato una stretta, e la revoca della Germania dei fondi erogati per le Ong del mare.