"Vorrei un processo in Italia". Salis "preoccupata" alla vigilia del voto per l'immunità

L'esponente di Avs sa di rischiare di perdere l'immunità pertanto si porta avanti e chiede al governo di intervenire per ottere un processo in Patria

"Vorrei un processo in Italia". Salis "preoccupata" alla vigilia del voto per l'immunità
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Martedì 23 settembre è il giorno della verità per Ilaria Salis: Il Jurì è chiamato a votare per la revoca o meno dell'immunità parlamentare su richiesta dell'Ungheria. L'esponente di Avs è sotto processo a Budapest ma con l'elezione al Parlamento Europeo, cercata proprio per sottrarla al carcere ungherese, questo è stato sospeso e riprenderà al termine del mandato. A meno che non venga decisa la revoca dell'immunità e allora a quel punto per Salis potrebbe esserci un mandato di cattura europeo, che non implica automatica estradizione, ma non la decadenza dal ruolo di parlamentare.

"La mia intenzione non è mai stata quella di sottrarmi a un processo. Rivendico, come chiunque altro, il diritto a un processo equo e giusto, con tutte le garanzie democratiche del caso. In Ungheria questo non è evidentemente possibile. Per questo la difesa della mia immunità è oggi fondamentale", ha dichiarato Salis al Corriere della Sera. "Revocare l’immunità significherebbe consegnarmi a una persecuzione già in atto. La mia condanna è stata di fatto sancita in anticipo dal potere politico, in un Paese dove la magistratura non è indipendente e dove verrei sottoposta, come ritorsione, a condizioni detentive disumane", ha detto ancora l'esponente di Avs. Da quando è stata fissata la data del voto, Salis ha cercato di appellarsi da ogni canale ai colleghi per chiedere di mantenere l'immunità.

A sinistra, ovviamente, voteranno per non revocarla mentre la destra europea voterà la revoca. L'ago della bilancia è rappresentato dal PPE, che è anche il gruppo parlamentare più corposo, che potrebbe diversi sul voto, rendendo quindi ogni previsione incerta. "Fin dal giorno zero di quei lunghi, terribili quindici mesi di carcerazione preventiva ho chiesto che il processo si tenesse in Italia. In un Paese civile, dove vige lo stato di diritto, dove accuse e prove possono essere valutate in modo equo e trasparente, con tutte le garanzie democratiche", ha detto Salis, che però ha commesso il suo reato in trasferta in Ungheria.

"La legge italiana prevede, in determinate circostanze, la possibilità di aprire un procedimento anche per accuse relative a fatti avvenuti all’estero. Le autorità italiane avrebbero potuto farlo da tempo; forse non hanno voluto. Ma ora è il momento di agire. Per questo chiedo: processatemi in Italia. Fatelo ora", attacca dalle colonne del Corriere, anche se non è nelle condizioni di dettare una linea. Per altro, dopo anni di critiche, anche pretestuose, contro il governo, ora chiede che sia proprio l'esecutivo a intervenire: "Ai miei avvocati risulta che a volte l’iniziativa sia stata presa dalla procura, ma altre volte l’iniziativa sia stata presa dal ministro della Giustizia.

Sono convinta che il governo sia in grado di far sì che il processo avvenga in Italia" . Alla vigilia del voto, Salis si è detta "preoccupata, agitata. Ma sono anche fiduciosa. Ho fiducia che i colleghi sappiano trovare una soluzione opportuna per tutti".

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