RomaAlla fine, Dario Franceschini lha spuntata. Goffredo Bettini, già deus ex machina del veltronismo, esce di scena e rifiuta la candidatura alle Europee. Il telegiornalista David Sassoli accetta («per restituire alla comunità un po di quello che ho ricevuto», niente meno) di fare il capolista per il Centro.
Ma nel Pd si scatena la bagarre, con un fiume di polemiche contro il segretario per la gestione delle candidature, dopo la lettera aperta scritta ieri da Bettini via Messaggero, in cui lex coordinatore rifiuta la candidatura, denuncia la «confusione» nel campo democratico, la mancanza «da due mesi» di contatti con la segreteria del partito, il fatto che il suo nome sia stato dato in pasto e «triturato» dai giornali. E le sue «perplessità» su un «assetto delle liste che risente di quel regime correntizio che ho cercato di combattere con tutte le mie forze».
Il contraccolpo delladdio bettiniano esplode fin dal primo mattino, con una raffica di dichiarazioni di solidarietà e di critiche al segretario, ai «gravi errori» nella gestione delle liste, alla «follia di perdere» un nome di quel peso: scende in campo mezzo Pd del Lazio e di Roma, consiglieri regionali, comunali e provinciali, dirigenti e parlamentari. Da Zingaretti a Follini, dal segretario del Lazio Morassut a Gasbarra al braccio destro di Veltroni Verini, ai «giovani leoni» Orlando e Martella. Molti i Ds, ma arriva anche notizia di una «lunga e affettuosa» telefonata con Rutelli. E (Bettini è uomo di vaste relazioni) si fanno sentire in sua solidarietà nomi dello spettacolo e persino del Pdl, da Quagliariello a Verdini. Mentre sul fronte opposto si schierano gli ex Ppi, con Franco Marini («nessuno è indispensabile, me compreso») e Castagnetti che celebra la «buona notizia» di Sassoli.
Il segretario del Pd fa sapere di sperare che lex coordinatore «ci ripensi», ma sa benissimo che non accadrà. Bettini ha preannunciato a Franceschini la lettera mercoledì sera, il segretario lo ha pregato di attendere prima di fare un simile passo, lui ha risposto: «Ho atteso anche troppo». Si è sentito anche con Walter Veltroni, che ha a sua volta cercato di dissuaderlo dal gran rifiuto. Lex leader del Pd non prende posizione tra i due, ben sapendo che si sono mal sopportati, a dir poco, durante tutta la sua segreteria. E lo si è visto nella drammatica riunione del coordinamento Pd dopo le dimissioni di Veltroni, quando Bettini rimarcò che Franceschini doveva essere un segretario «pro tempore», e quello rispose a brutto muso: «Non devo dare a te questa risposta».
Franceschini, spiegano i suoi, aveva deciso da tempo che il capolista del Centro non dovesse essere un «politico» ma un «esterno di traino», e dopo vari dinieghi ha ripiegato su un volto Rai. La polemica è esplosa a Roma, ma ci sono guai anche altrove, mentre DAlema si fa sentire per criticare la «capacità di farci del male da soli» e la tendenza a «distruggere una classe dirigente prima che ce ne sia una nuova»; e invita a imitare Berlusconi nella «tessitura delle alleanze».
A Firenze, il candidato sindaco Matteo Renzi ha dovuto incassare il no dellUdc allalleanza, e ora i sondaggi lo danno sotto il 50% e soprattutto danno in rialzo il candidato Pdl. A sinistra subisce la concorrenza di Valdo Spini e lostilità interna di pezzi del Pd, che osteggiano una «lista del sindaco». Luscente Domenici, ds, avverte: «Berlusconi che scende in campo può incidere. Considerare la battaglia già vinta è un grave errore. Ma stiamo messi meglio che a Bologna». Già, a Bologna, dove il candidato Delbono gode del supporto di Prodi che ha benedetto la sua coalizione al grido di «con lUnione si vince», il rischio ballottaggio è alto e nel Pd si manifesta la certezza che «se non vinciamo al primo turno, abbiamo chiuso» contro i due avversari Guazzaloca e Cazzola. In Umbria lapparato ds respinge al mittente (Franceschini) la candidatura del portavoce della Tavola per la Pace Lotti, e chiede la riconferma della parlamentare uscente umbra Marini.
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