Eva Henger a Bari scalda più della Signora

Bianconeri snobbati all’aeroporto dove si sta girando un film e abbandonati persino dai nuovi dirigenti. Pochi ultrà con uno striscione contro Capello

Tony Damascelli

I eri sera a Bari. Senza che nessuno, quasi nessuno, se ne accorgesse. Ma è accaduto, la Juventus ha debuttato in coppa Italia, contro il Martina Franca. Non era una gag di Scherzi a parte ma roba vera, partita a eliminazione diretta. D’accordo l’avversario, in crisi finanziaria, sull’orlo della liquidazione, pure quelli, ma la realtà è questa, fine del film a colori, si va con la pellicola in bianco e nero.
Mezza Bari se ne era fuggita verso il mare del Salento, in questo sabato di controesodo, la canicola stimolava ventagli, condizionatori a manetta e angurie al ghiaccio, il favonio aveva preso a soffiare alla controra. Venerdì sera, alle otto suppergiù, i dipendenti della Juventus football club erano sbarcati all’aeroporto di Palese, senza costringere, colpo di scena, gli uomini della sicurezza a proteggerli dalla folla. Non c’erano strilli e femmine in preda al delirio, non c’erano bambini a chiedere autografi spinti in avanti, per delega, dai furbi papà. Non c’era la Juventus, infatti, ma soltanto quello che è rimasto dopo i saldi.
Lo scalo di Palese aveva invece mostrato grande agitazione per il set cinematografico allestito nella zona partenze, lì sì c’era animazione e potrei dire eccitazione. Non per Nedved, non per Gigi Buffon ma per la signorina Eva Henger che attirava mosconi e calabroni, interpretando, tra sospiri e «maronn’e» degli astanti, una parte nel film «Bastardi» di Maldonado, storia di rapine e inseguimenti, non di football, con Depardieu e Giannini, la Bouchet, Montesano e Franco Nero, roba giusta, gente grossa, altro che l’ex Signora gianduiotto. Capita nelle migliori famiglie.
Ho detto famiglie? La Juventus una volta sedotta è stata ormai abbandonata, dalla fetta grande dei suoi amanti, gli stessi che contro la Reggina, nell’ultima partita di campionato, era ieri, l’avevano esaltata, cantando inni e ballando per la conquista del titolo. Non c’era nemmeno l’ombra di un dirigente, né Cobolli Gigli che ha scoperto il football per grazia ricevuta ed è già stremato, né Blanc che di calcio non si è mai interessato preferendo piuttosto il tennis e le corse motociclistiche nel deserto, alla voce Roland Garros e Paris-Dakar, nè Sant’Albano che ama la palla ma quella ovale. Finita la cuccagna, quando in simili occasioni i tre dell’Ave Juventus erano presenti e allineati, Giraudo, Bettega e Moggi, per dare luce alla squadra e ombra agli avversari. Ma è vietato nominare i colpevoli, l’imbarazzo monta, il disagio affiora e le facce avvampano. Bei tempi, avrà pensato qualche sopravvissuto tra i bianconeri, non dico Del Piero, Trezeguet e Camoranesi, rimasti a Torino per fine ferie e recupero infortuni, ma gli altri presenti a Bari, la scolaresca che si era abituata ad avere i tre badanti appresso, giorno e notte.
La nuova Juventus, ma non so bene che cosa significhi «nuova», semmai «altra» sarebbe più adatta, la Juventus sta cambiando qualche abitudine. Deschamps ha imposto il controllo del peso ogni quarantotto ore, non si sgarra di un etto, in società devono preoccuparsi del bilancio ma al campo c’è la bilancia che controlla i vizietti eventuali dei dipendenti.
C’era il San Nicola ieri sera, tirato a lucido, un bell’edificio per il pallone, disegnato da Renzo Piano per il mondiale del 1990, quando la Juventus viaggiava altera e sicura, con Vittorio Chiusano avvocato e presidente e stava per passare nelle mani di Luca Cordero di Montezemolo. Nessuno avrebbe immaginato che in quello stadio, lo stesso che qualche mese fa, il pomeriggio del quattordici di maggio, aveva celebrato lo scudetto numero ventinove della storia juventina, in quel sito ieri sera sarebbe andata in scena questa commedia strana. C’era lo stadio e, dentro, il vuoto a un’ora dal fischio di inizio, la tangenziale non era il solito serpente di automobili, si filava via belli lisci, un po’ spaesati.

Dentro l’arena, venti irriducibili bianconeri avevano disteso il lenzuolo del loro club, dirimpetto venti tifosi del Martina Franca sfottevano, in mezzo c’era uno striscione che riassume il pensiero juventino: «Capello mercenario, Del Piero leggendario». Non altre ombre, non altri applausi, non altre ole, qualche fischio di repertorio. Il teatro era deserto, si riempirà quando ci sarà il Bari. La Signora non scalda più. Meglio Eva Henger.

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