C’è un lato positivo, alla precoce eliminazione della nazionale italiana dal mondiale sudafricano. Si chiude il circo degli opinionisti improvvisati, si spengono le telecamere e i microfoni davanti alle facce e alle bocche di un popolo di attori, intellettuali, presentatori, femmine scosciate che quando la nazionale di football si presenta ai mondiali, improvvisamente scendono in campo anche loro, dicendo di tutto, su tutti. Notti memorabili, parole al vento dell’aria condizionata, friggitoria mista, luoghi comuni, il cuore, la determinazione, l’amalgama o, addirittura, tesi sociopolitiche sulla crisi di uno schema. C’erano una volta Arpino e Soldati, Brera e Salvalaggio, Beppeviola e Pizzul, per dire così a memoria un mondiale del millenovecentoottantadue, tra partite a scopa e bottiglie di barbera.
Dove sono oggi, questi docenti? Chi sono i nuovi clienti del bar sport? Roba televisiva, talc (da borotalco) show, il vuoto di pensieri condite da parole forbite, vecchi tromboni tuttologi, inserito il gettone (di presenza) sono pronti a tutto, dunque a niente.
La nazionale li manda a casa, per fortuna nostra. Si torna a leggere e discutere tra persone normali, magari incolte ma almeno belle fresche e genuine, si torna frra screanzati ufficiali e non tra finti gentiluomini o damazze di salotto. Il mondiale in tv, dico il prima e il dopo ma, a volte anche il durante, ha offerto scene strazianti o comiche, così come alcune telecronache cariche di enfasi e di retorica in dosi industriali.
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